(di Carlo De Nonno) – Prova solista, anche se al confine del ‘solipsismo’, di alto livello quella del chitarrista Francesco Buzzurro, di solido impianto classico ma apertissimo a collaborazioni e sconfinamenti nei generi più disparati, come testimonia la brillante biografia presente sul suo sito e alla quale rimando, come al solito, per non sottrarre spazio alla recensione.
Ma è un “solipsismo”, naturalmente e per fortuna, non patologico bensì, come dice lo stesso Buzzurro, frutto di coraggio, il coraggio di credere alle infinite possibilità timbriche della chitarra, della sua nylon-string guitar, alle sue caratteristiche polifoniche e orchestrali portate all’ennesima potenza, alla sua versatilità che la colloca tra gli strumenti da intrattenimento per eccellenza ma anche tra quelli più efficacemente e profondamente espressivi.
Coraggio, in poche parole, di credere in se stesso e nella propria bravura, concetto quest’ultimo che, se declinato lungo l’articolato percorso delle 11 tracce che compongono il CD, non è che abbia bisogno di tante spiegazioni: è proprio bravo e non c’è molto altro da dire.
E sì che il repertorio scelto è di quelli che potrebbero far annegare qualunque bravura nello stagno della consuetudine, della maniera, della “musica per ascensori”: famosi e famigerati standard (“I Got Rhythm”, “In a Sentimental Mood”, “Manha de Carnaval”, “Chega de Saudade”, “Estate” per citarne solo alcuni) che in altri momenti farebbero pensare “Ancora…!?” qui fanno gridare all’ “encore!” tanto sono conditi di irrefrenabile pulsione ritmica, di intensa cantabilità fluente e soprattutto di assodata perizia armonica.
Perché altro è fare altisonanti dichiarazioni di intenti del tipo “io suono solo la musica che mi piace e come dico io” altro è raggiungere esiti convincenti oggettivamente. E allora ascoltiamoci la pirotecnica “All of Me”, la sinuosa “Nature Boy”, l’ossessiva “I Got Rhythm”, la pensosa “In a Sentimental Mood”, la rigenerata “Manha de Carnaval”, la sontuosa “Someday my Prince will Come”, l’implacabile “Chega de Saudade”, l’ammiccante “Sunny Side of the Street”, la sorniona “Blue Monk”, l’inquieta “Nuages”, la bella “Estate” e accorgiamoci che dopo un po’, del parterre di autori-mostri sacri che c’è dietro questo programma, si stempera impercettibilmente perfino la consapevolezza.
E resta solo questo chitarrista straordinario solista, un po’ solipsista, bravo. Bravissimo.
Carlo de Nonno