(di Fulvio Montauti) – Con tutti i bellissimi, preziosissimi, funzionalissimi amplificatori per chitarra reperibili sul mercato, perché si sente la necessità di provare scatolette/software che cercano di emularli?
Le risposte possono essere molteplici e vale la pena di ricordarne qualcuna:
- Avere disponibilità di amplificatori diversi durante la stessa performance
- Riduzione in termini di peso e ingombro della strumentazione da portarsi dietro
- Disponibilità di una quantità inusitata di effetti da poter coniugare con l’altra altrettanto inusitata quantità di amplificatori alla ricerca di suoni nuovi o vecchi che siano
- Uscire dalla routine giornaliera del solito suono che, per quanto bello, alla lunga stanca
- Cedere alla GAS (Gear Acquisition Syndrome) con la speranza che questa sia l’ultima volta
- Semplificarsi la vita nelle registrazioni casalinghe
Ovviamente per avere tutto questo si è disposti a qualche compromesso. Si rinuncia alla semplice e stra-conosciuta interfaccia potenziometro/suono per una, per esempio, di tipo bottone/display. Ci si sforza di leggere il manuale (questa è dura!), talvolta non in italiano (argh!).
Ma il momento decisivo è quello della ‘prima volta’. Si scorrono i vari preset alla ricerca (vana) del nostro suono, scoprendo decine e decine di suoni interessanti, eccessivi, convincenti, ammalianti. Certo, difficilmente si trova quello che si sta cercando, ma si capisce di avere potenzialità infinite e che con un po’ di pazienza e dedizione si potrà sicuramente tirar fuori il nostro suono e molto, molto di più.
Con il tempo e l’uso possiamo effettivamente lodarne alcuni aspetti decisamente positivi, ma il suono … be’, c’è sempre qualcosa che non convince. All’inizio lo si ignora, tanta è la gioia del nuovo giocattolo, ma lentamente e inesorabilmente il tarlo consuma. Finchè ne siamo certi, questo oggetto non fa per noi e si ridiventa preda della GAS.
Intendiamoci, non è che il mercato degli amplificatori reali sia diverso. Si acquista, lo si compara ad altri, ci si stanca del suono e si cerca altro. In più qua c’è la necessità degli effetti a pedale. Pedaliere spaziali in cui i singoli pezzi non durano più di qualche mese perché il mercato produce nuovi suoni, perché l’usato rende disponibile quel prodotto a prezzi da affare, perché ci si stanca dei vecchi, ma soprattutto perché la GAS è GAS.
E’ una foto dell’essenza stessa del consumismo. Un giro continuo che si auto-alimenta in eterno. Il mercato ci ammalia con nuovi prodotti, ogni volta presentati come migliori rispetto ai vecchi (già di per sé perfetti a suo tempo). La richiesta è tanta e conseguente è il numero di prodotti disponibili.
Risucchiato a mia volta nel vortice, mi chiedevo se prima o poi si potesse raggiungere la pace dei sensi.
Impossibile?
Lo credevo anch’io, ma adesso non più.
La risposta si chiama KEMPER PROFILING AMPLIFIER (KPA).
Per i pochi che ancora non ne hanno sentito parlare, riassumo brevemente che si tratta di un preamplificatore in grado di clonare (il termine reale è ‘“profilare’) qualunque ampli valvolare, per poi riprodurlo in maniera indistinguibile dall’originale. Questo vale sia per chi ascolta che, soprattutto, per chi suona. La profilazione riesce a recuperare tutte le sfumature del suono dell’ampli originale, compresa la sensibilità al tocco.
L’aspetto è un po’ retrò e finalmente diverso dalle solite cose cui siamo abituati. Direi bello… no, bellissimo. L’insieme di bottoni, luci, display e potenziometri può spaventare di primo acchito, ma in realtà l’utilizzo è veramente semplice ed intuitivo. E, mentre si suona, si ha una visuale completa, chiara e ben visibile di cosa stiamo utilizzando, ampli ed effetti compresi.
Si interagisce tramite i potenziometri esattamente come su un vero ampli. Il suono è perfettamente reale, semmai non è credibile che si tratti di un emulatore.
La ‘prima volta’ è scioccante. Abituati ai suoni eccessivi e stratosferici degli emulatori in commercio, si rimane scioccati. Si sente la propria chitarra. Scorrendo i vari profili (RIG) si ha il piacere di udire tanti ampli rispondere al proprio tocco. Ogni suono è perfettamente reale, si sente lo sferragliamento delle corde sui tasti, con le sfumature dell’ampli selezionato. Qualche suono piace, altri no, ma si tratta di gusti e non di qualità. In un paio d’ore si è già in grado di andare a suonare in pubblico con i propri suoni (e qualcuno anche migliore) . Pauroso!
STRUTTURA
Il KPA viene proposto in due formati: rack e ‘tostapane’, ognuno dotato o meno di ampli di potenza, il tutto disponibile nei due colori bianco e nero. Se dotato di ampli di potenza, lo si può collegare direttamente ad un sistema di casse non amplificate, mentre nella versione solo pre può essere collegato (tramite uscite separate) ad un amplificatore (combo, testata) o ad un PA (mixer).
All’interno il suono attraversa i seguenti stadi:
Input chitarra -> Stomp (effetti a pedale) -> Send/Return -> Stack (amplificatore, equalizzazione, cabinet) -> Send/Return ->Effects (effetti di modulazione) -> uscita
Il KPA può contenere circa un migliaio di profilazioni (RIG) su cui è possibile navigare con semplicità tramite appositi tasti e che è possibile gestire per backup (su chiavetta usb), cancellazioni, nuovi inserimenti, modifiche e via dicendo.
La sezione effetti è al momento la parte più debole (ma è prevedibile un naturale sviluppo nelle release future) rispetto ad altri emulatori di mercato, comprendendo ‘soltanto’: distorsion, wah, chorus, rotary speaker, tremolo, auto pan, flanger, phaser, vibe phaser, compressor, noise gate, delay, reverb, effect loop (attivazione del Send/Return), pitch shifter, harmonist, transpose, micro pitch, vibrato, equalizer.
LUNGIMIRANZA
L’hardware del KPA ha tutte le caratteristiche per reggere diversi anni a ‘colpi’ di solo software: uscita cuffia, uscita stereo verso un mixer, uscita mono verso un ampli o un monitor, send e return per effetti esterni, usb, due input per pedali e switches, midi, ethernet, S/PDIF (ingresso per lettori digitali esterni tipo lettori cd/mp3). Questa è infatti una delle caratteristiche di Christoph Kemper, l’ideatore dell’apparecchio, la cui azienda produce il sintetizzatore Access Virus, un prodotto che sta sul mercato da oltre 15 anni invece che diventare obsoleto dopo 6-12 mesi come spesso succede in questo campo.
Su un hardware ben progettato, la vera forza sta nel firmware. Ogni nuova release (ma anche le Beta) viene resa disponibile (gratuitamente) sul sito Kemper, così da rendere continuamente disponibili nuove funzionalità. Per fare un esempio, la release 1.1 mette a disposizione effetti solitamente presenti solo nel campo dei sintetizzatori e che non erano assolutamente presenti nella release precedente: Rate Reducer, Ring Modulator, Frequency Shifter, Recti Shaper, Bit Shaper, Soft Shaper, Hard Shaper and Wave Shaper. La release 1.5 contiene la riprogettazione funzionale del volume Master, mentre la 1.6 interventi su Tremolo e Auto Panner. E così via. Al momento della redazione dell’articolo si è alla release 2.2.
In pratica, al contrario di quei prodotti che nascono e muoiono con funzionalità fisse, la dinamicità del progetto è, oltre che garanzia della bontà del prodotto, un enorme valore aggiunto.
LA PROFILAZIONE
Si tratta di una operazione molto semplice, da effettuare rigorosamente in compagnia di amici, contornata da dosi opportune di salame, prosciutto, pane fatto in casa e Morellino. Non è necessario avere a disposizione uno studio di registrazione, usare un buon microfono è meglio di uno pessimo, avere a disposizione una persona che ci acchiappa di suoni fa la differenza.
Si collega il KPA laddove si collegherebbe la chitarra. Il set da profilare può comprendere l’ampli con il cabinet oppure anche gli effetti, sia prima dell’ampli che nel send/return. Quindi si microfona il cabinet (anche più microfoni) e il ritorno (eventualmente tramite mixer) lo si collega al KPA.
Questo in linea di massima. Poi c’è anche chi profila l’Axe FX, chi il Roland VG99, chi catene di effetti della Electro Harmonix, così da creare profilazioni non di ampli, ma di suoni di chitarra acustica, mandolini, banjo, organi, ecc.
La profilazione non cattura l’ampli e il cabinet nella loro interezza, ma solo quel particolare settaggio (effetti compresi) configurato al momento. Questa, che potrebbe sembrare una mancanza, è invece un vero punto di forza. Infatti con il KPA il suono profilato rimane della stessa pasta indipendentemente dal volume Master rendendo così accessibile anche a bassi volumi quel suono ottenuto dal proprio valvolare a manetta in quel magico minuto che precede l’irruzione della polizia. E sarà altresì possibile spettinare migliaia di persone in uno stadio con quel suono caldo dato dalle valvole a basso volume. E’ evidente quindi che uno stesso ampli+cabinet può avere più profilazioni, ciascuna con una propria identità.
Il risultato è un file di 3-4 KByte (.kipr) che può essere condiviso con il mondo intero inserendolo nel database sul sito Kemper.
UTILIZZO
Dotato di appositi bottoni per la riduzione del rumore di fondo e preso atto della sua interfaccia da tavolo, il KPA sembrerebbe orientato allo studio di registrazione. L’utilizzo in studio è certamente una delle sue caratteristiche (anche per il numero spaventoso di ampli che lo studio metterebbe a disposizione), ma sono altresì possibili altre modalità di impiego.
Innanzitutto può essere utilizzato per profilare i propri ampli così da portare a giro il proprio suono, ma non i propri gioielli (e pesi).
Quindi può essere utilizzato per accedere ad altri ampli, magari da sogno. Il sito Kemper mette a disposizione un database (infinito) delle profilazioni fatte dagli utenti, molte veramente professionali, in cui è possibile trovare qualunque tipo di ampli. Ulteriori profilazioni possono essere acquistate (GAS, vecchia GAS) in rete al costo di pochi euro. 5kg di peso , comoda borsa per il trasporto (non inclusa), chitarra a tracolla e via.
Personalmente lo utilizzo su un SR Jam 150 con ottimi risultati. Tra i miei suoni preferiti cito Bogner Shiva, Carol-Ann OD2, Two Rock e un Fender Bassman del ’61. Tutti suoni che mi danno la gioia di suonare, suoni che altrimenti non avrei mai potuto avere e di cui, alla fine, nulla mi importa se e quanto aderenti agli ampli originali.
CONCLUSIONI
Penso che nel campo delle emulazioni qualcosa sia cambiato e che nulla sarà più come prima. Parliamone tra noi, ma senza diffondere troppo il verbo, perché se tutti si convertono poi non ci saranno più ampli da profilare…
Fulvio Montauti