A Casale Corte Cerro, dal cortile delle scuole si gode una vista spettacolare. Il programma prevedeva per il 21 agosto l’esibizione di Paolo Giordano, che però non ha potuto esserci per motivi di salute. Gli auguriamo di rimettersi al più presto. Alla sua assenza ha quindi sopperito con grande disponibilità Bob Bonastre, in cartellone poi per la serata successiva, con una doppia esibizione.
Metà francese e metà spagnolo, vive a Parigi, è senegalese di nascita e profondamente africano nel cuore. Ha letteralmente incantato il pubblico con le sue canzoni in cui la voce riproduce suoni senza un testo definito, in cui ognuno può ritrovare l’eco delle parole che sente nel proprio cuore. L’emozione è forte fin dal primo brano di apertura del concerto, “Bamako”, dal nome della capitale del Mali, dedicato agli africani morti in mare nel disperato tentativo di migliorare le condizioni della propria famiglia. Le armonie tipiche della musica afro, rese sapientemente con la chitarra dalle corde di nylon, unite alla sua voce dalle sonorità molto particolari, sono stati una piacevole sorpresa per tutti i presenti che ‘vedevano’ un bianco con la chitarra e ‘sentivano’ un senegalese con i tamburi. In un italiano magari un po’ stentato, ma efficace, ha dialogato col pubblico spiegando la storia dei brani eseguiti, suscitando grande simpatia. Come quando ha scoperto che “Palhaço” – un arrangiamento per chitarra di un brano di Egberto Gismonti – corrispondeva al nostro ‘pagliaccio’ dalla pronuncia quasi uguale, su cui ha scherzato parecchio. Non è mancata una piccola ‘frecciata’ all’attuale governo francese, accompagnata da una dedica a Mandela per il brano omonimo, e poi un pezzo solo strumentale, “Les mains de mon père”, eseguito con grande intensità ed emozione in ricordo del padre. Un po’ di leggerezza con “Summer Joy” e a seguire “Sirocco”, omaggio al flamenco in cui Bonastre ha dato prova di grande tecnica.
Bob costruisce i suoi brani con la stessa precisione con cui un ragno tesse la sua tela e il pubblico, allo stesso modo, vi rimane invischiato. Ciascuno vive intimamente la propria storia sulle note suonate dalla sua chitarra. E così arriva anche la dedica per Domenico Brioschi con un arrangiamento molto particolare di “Third Stone from the Sun” di Jimi Hendrix, cui fa seguito “Song for My Personal African Shaman” in cui la chitarra imita il suono di uno strumento tipico africano – la kora – grazie alla grande ‘tecnologia francese’: una semplice striscia di carta inserita fra le corde.
“Song for My Personal African Shaman”
Fantasia e semplicità per riportarci quelle sensazioni, quei suoni e quelle immagini che hanno caratterizzato la sua infanzia. “Le voyageur immobile” è stato il bis con cui Bob Bonastre si è congedato per questa serata spiegando come si possano fare bellissimi viaggi pur restando fermi nello stesso luogo. Questa è la sensazione avuta da tutto il pubblico che è stato in Africa, pur rimanendo in quest’angolo di Piemonte. La serata di Gozzano, il giorno successivo, si è svolta poi su canoni molto simili, sia pur senza mettere in scena un’esatta replica del concerto precedente. Il chitarrista francese è apparso più sereno e rilassato, più a suo agio anche con l’italiano. Del resto la distanza geografica tra le due location – circa 40 chilometri – era tale da giustificare la scelta. E, come poi in effetti è accaduto, se qualcuno ha voluto fare il bis… ha avuto esattamente quello che voleva.
Patrizia & Mauro Gattoni
(foto di Roberto Aquari)