(di Alberto Grollo) – Il primo fatto interessante del London Acoustic Guitar Show è… che sei a Londra! Senza dubbio la città più cosmopolita, varia, interessante, coinvolgente della vecchia Europa, la ‘capitale’ finanziaria e artistica del vecchio continente, in cui ogni sera puoi trovare una miriade di locali che fanno jazz, blues, folk, pop, funky, hip hop, musical… aiuto, alla fine non ti raccapezzi più per l’imbarazzo della scelta!
La location del LAGS, che si è tenuto dal 7 all’8 settembre, è delle più professionali: l’Olympia Exhibition Centre, megastruttura attrezzata per conferenze, fiere ed esibizioni varie, dà già la dimensione di un’evento dove niente è lasciato al caso: altro che la solita italica squattrinata improvvisazione…
Il casting è di tutto rispetto, a cominciare dal nostro formidabile Antonio Forcione (che al di là di ogni campanilismo ha fornito la prestazione più esaltante) per continuare con Martin Simpson, Tom Baxter, Scott Matthews e il giovane ‘maghetto’ Rodney Braningan, il quale ha suonato un mandolino Ovation che ha comodamente appoggiato sulla sua Yamaha (suonati contemporaneamente, ovvio!).
L’esposizione è in puro stile ‘aziendale’: quaranta stand (quasi mai li vediamo tutti insieme nei nostri festival…) molto ben attrezzati, dove troneggiano corde D’Addario ed Elixir, ampli Schertler, belle chitarre Guild e Taylor e Lowden, mescolate ad altre marche tipo Yamaha, Eastman, Avalon, Lag, North American, Auden, Takamine. Non veramente il massimo, anche perché manca quasi completamente ciò che caratterizza i raduni chitarristici nostrani, cioè la liuteria, con tutto l’amore e la perizia che i nostri grandi artigiani ci mettono per le loro creazioni.
I concerti, ai quali accedono spettatori in ordinatissime file, sono sempre in perfetto orario e con ottima amplificazione. Ma alla fine, malgrado tutto… tutto ciò mi ha lasciato una grande nostalgia dei nostri Sarzana, Ferentino, Pieve di Soligo! La nota più simpatica, guarda un po’, è che ho fatto quattro chiacchiere con Antonio Forcione, che volentieri riferisco qui di seguito.
INTERVISTA AD ANTONIO FORCIONE
Antonio, hai fatto una grande performance, che ha interessato e affascinato tutti il pubblico… come stai, cosa stai facendo?
Vengo da una bellissima tournée che ha compreso fra le altre cose un concerto all’Edinburgh Festival Fringe, dove sono sempre presente da ventidue anni. Quest’anno sono stato con il mio quartetto insieme a quella favolosa cantante che è Sarah Jane Morris. Ovviamente c’è sempre molta nostalgia dell’Italia: so che ci tornerò a dicembre, a Roma, e mi fa molto piacere.
Come ti sei trovato in questo London Acoustic Guitar Show?
A parte la ‘tortura’ dell’aver suonato alle undici di mattina, devo dire che è sempre bello stare in mezzo a mille chitarre, anche se è un po’ stressante suonare davanti a tutti questi chitarristi, che ho l’impressione non aspettino altro che beccare una tua stecca… Ma ormai ho una pelle abbastanza dura, dopo trent’anni che giro con la mia chitarra!
Dimmi cosa ne pensi: fino a poco tempo fa i chitarristi potevano essere divisi tra fingerpickers e flatpickers; oggi ti ho visto suonare la chitarra classica con il plettro, l’acustica arpeggiata e trattata come una batteria e un pianoforte…
Ormai tutte le cose si sono evolute… Il mio approccio con la chitarra è in continuo cambiamento e cerco di capire certe tecniche per raggiungere una certa emozione: ci lavoro sopra fino a quando non le trovo ‘mie’.
Puoi parlarci del tuo ultimo lavoro?
Si chiama Sketches of Africa ed è il risultato di alcuni viaggi che ho fatto specie in Sudafrica, dove ho conosciuto tanta gente molto interessante. È stata una delle cose che mi hanno più influenzato e appassionato, perché ho capito che si può fare musica in modo molto diverso: la musica non deve essere un discorso solo intellettuale. Lì vedi proprio la gente che viene pervasa in tutto il corpo dalla musica; vedi gente che tira fuori suoni splendidi da strumenti primitivi tipo un violino con una corda. E allora penso che non è solo importante studiare accordi e scale, ma quando ti colleghi con il tuo ‘dentro’, riesci a ottenere risultati che non puoi immaginare. Così ho invitato musicisti dal Gambia, Zimbabwe, Sudafrica con questi strumenti stranissimi e diversi: è stata una grande lezione e mi sono sentito più esperto e arricchito.
E dei tuoi progetti futuri?
Sto lavorando da un anno con Sarah Jane Morris, con cui sono stato al Ronnie Scott’s Jazz Club di Londra per due settimane di fila. Stiamo componendo canzoni e cercando nuove tecniche, io con la mia chitarra e lei con la sua voce; e ci troviamo molto bene. Quindi se le sperimentazioni sono anche legate al nostro cuore, allora vuol dire che abbiamo imboccato la strada giusta. Ho un mio quartetto con violoncello, percussioni brasiliane e un’altra chitarra acustica, con cui suono un crossover fra musiche africane e cose mediterranee. Altro progetto è quello con il Goldsmith College di Londra, che vuole portare il mio disco Sketches of Africa in una dimensione orchestrale: non vedo l’ora, perché non ho mai suonato con un’orchestra classica intera e la cosa mi emoziona molto.
Alberto Grollo