Intervista: Luca Pirozzi – Una musica da cantautore
di RENO BRANDONI
www.renobrandoni.it
Prima di parlare di Luca Pirozzi, bisognerebbe conoscere il lavoro dei Musica da Ripostiglio: band divertente, scanzonata, tecnicamente perfetta, formata da elementi di grande bravura e competenza…
Ecco, questa è un’introduzione che da oggi possiamo cambiare!
Per parlare di Luca Pirozzi, bisogna innanzitutto conoscere il suo lavoro, che oggi viene proposto e sintetizzato nelle tracce di Viaggiatore: un CD che racconta di più epoche, evidenziando una lunga metamorfosi in cui l’indole goliardica del cantautore-chitarrista prende spesso il sopravvento, ma ritorna – composta – nel tenero nostalgico girone dei ricordi.
Infatti, oltre alle ironiche cover che raccontano di un Pirozzi giocoliere e intrattenitore, così come è nelle sue performance dal vivo, le sue composizioni originali evidenziano una scrittura profonda, intensa, curiosa e sensibile. I personaggi descritti sono frammenti di vita, raccontati come si fa nella trama di un film. Storie che valicano il confine della leggenda per diventare reali e quotidiane.
Perché mi piace così tanto parlare di Luca? Perché, oltre a essere una persona piacevole e gentile, è un entusiasta, un trascinatore, uno che si diverte divertendo e che sul palco e indomabile.
Basta tutto questo per dedicargli uno spazio su Chitarra Acustica? Certamente no. Infatti, dietro questa sua esuberanza c’è un chitarrista dalla mano veloce e il tocco infallibile. Un virtuoso chitarrista manouche, ma non solo: un suonatore di banjo dalla ritmica gradevole e imprevedibile. E pure un chitarrista fingerpicking appassionato e appassionante. Insomma, uno che con le corde ci sa fare. E quando alla musica ben suonata aggiunge la sua voce, ecco che il gioco è fatto.
Devo confessare di averlo spinto più volte a realizzare questo lavoro. Ma gli impegni con la band non gli permettevano di trovare il tempo necessario per pensarci. O almeno così si difendeva dai miei inviti. Poi finalmente, forse anche – purtroppo – grazie al lockdown, ecco la sorpresa: il disco vede la luce e, con mia grande gioia e sorpresa, è un disco di sola chitarra e voce. Nessun altro strumento, come nella storia del cantautorato DOC! È una prova impegnativa e difficile, e la scelta è molto coraggiosa. In un mondo di suoni e atmosfere, in cui lo standard ormai è sorprendere o allinearsi, una voce intrepida e fuori dal coro stupisce sempre.
Andiamo quindi a scoprire il percorso musicale di Luca. Basta una semplice conversazione per capire il personaggio e apprezzare, ancor prima di averle sentite, le sue canzoni.
Allora, come inizia il tuo viaggio nella musica?
La mia passione per la chitarra è nata quando avevo dieci anni. Io non sono un figlio d’arte e non sono un figlio di amanti della musica jazz o della musica classica… Però ricordo che si aspettava l’uscita di ogni disco di Adriano Celentano come se fosse un evento, una piccola Epifania. Tutti ne erano grandi ammiratori. Così, quando chiesi di poter avere una chitarra elettrica in regalo, i miei genitori accettarono di buon grado, imponendomi però un’ineluttabile condizione per accontentarmi: dovevo imparare a suonare tutte le canzoni di Celentano.
Una condizione che ovviamente hai accettato prontamente… Ma in realtà quali erano i tuoi interessi musicali?
Devo dire che, nei primi anni, il rock e il metal erano il mio riferimento. Ma sentivo anche che con quella musica non riuscivo a esprimere ciò che realmente ero: mi sembrava un po’ come se quello strumento non fosse giusto per me. In effetti non ero per niente un talento rispetto ai miei amici musicisti, che invece già suonavano i pezzi di Jimi Hendrix o Steve Vai. Io non riuscivo a imparare mai un brano intero dall’inizio alla fine, solo piccoli riff sconnessi, elementi che mi servivano. La frustrazione di non essere all’altezza mi stava quasi portando ad abbandonare lo studio dello strumento.
Poi un giorno arrivò la magia! Non ricordo come, ma mi trovai in casa un CD di Paco de Lucía. Inserito nel lettore, iniziai ad ascoltarlo con curiosità. Immediatamente sentii una strana sensazione, un qualcosa che mi confortava e mi faceva sentire il profumo di casa. Era come uno squarcio nel cielo: le nuvole si allontanavano e lasciavano spazio al sereno. Avevo trovato il mio mondo: la musica acustica!
In quello stesso momento, una giovane band fiorentina iniziava farsi strada nel panorama indipendente italiano: la Bandabardò. Iniziai a seguire tutti i loro concerti e una sera, con gran faccia tosta, andai a fare i miei complimenti al chitarrista: Finaz. Gli dissi che volevo essere un suo allievo, sicuro che non mi avrebbe mai filato. Invece, con mia grande sorpresa, una settimana dopo ero a casa sua a Poggibonsi a prendere la prima lezione. Con lui sono rimasto due anni ed è nata anche un’amicizia.
Finaz è un amico mio personale e di Chitarra Acustica! Credo che tu non potessi ambire a un inizio migliore. Sai, la prima volta che ti invitai a un concerto, credo a Sarzana, fu proprio grazie a un entusiastico suggerimento di Finaz.
Per esempio, qualche anno fa, con Finaz ho fatto anche una serata in duo, un set lui, uno io e poi insieme. Per me è stato un onore.
E dimmi, dopo la parentesi Finaz, come è nata poi la formazione dei Musica da Rispostiglio?
Io ho continuato a studiare chitarra a Siena Jazz, per quattro anni. Ma al tempo stesso il mio imprinting celentanesco fremeva dentro: mi piaceva scrivere canzoni, raccontare storie, fare gag sul palco. E in effetti mi ero appassionato alla musica di Adriano Celentano, poi mi ero appassionato molto anche a Renato Carosone e Fred Buscaglione, due che avevano entrambi l’amore per la musica americana, quindi lo swing, però con dei testi italianissimi, sempre molto ironici, sempre a prendere in giro la nostra ‘italianità’. Cercavo un po’ di fare questo nei miei testi. Così ho iniziato a formare una serie di band, tutte insieme al mio amico di una vita e chitarrista Luca Giacomelli, fino ad arrivare alla formazione attuale dei Musica da Ripostiglio, insieme a Raffaele Toninelli al contrabbasso ed Emanuele Pellegrini alle percussioni.
Sembrate molto amici e si percepisce un eccellente affiatamento, soprattutto sul palco.
È un progetto nel quale ho sfogato e sfogo tutta la creatività che ho, e posso farlo con musicisti e amici veri. È stata la mia fortuna incontrare persone che avevano la mia stessa idea di come fare musica. Con loro ho avuto modo di fare tante tournée in giro per l’Italia, e siamo andati anche a suonare all’estero. Abbiamo accompagnato molti artisti tra cui Pierfrancesco Favino, Sergio Rubini, Rocco Papaleo, Giovanni Veronesi, Vincenzo Salemme e… l’elenco sarebbe lungo! Infatti Musica da Ripostiglio ha conosciuto a un certo punto una pagina nuova, che ha cambiato profondamente il gruppo, ed è stato l’incontro con il teatro. Lo facevamo già da un po’ di anni, però sporadicamente, poi a un certo momento sono arrivate proprio queste tournée teatrali lunghe, dove a una band come la nostra veniva proprio richiesto di proporre del materiale musicale all’interno dello spettacolo.
Insomma, un sogno che si realizza. E poi?
E poi… arriva marzo 2020! Tutto si ferma, la musica come prima cosa.
È stata un’esperienza tremenda. È successo anche a me, stavo andando a Sanremo per uno spettacolo al Club Tenco. Mi hanno telefonato quand’ero già a metà strada per bloccarmi: avevano chiuso ogni cosa e tutti gli spettacoli erano stati annullati. Momento drammatico, di grande smarrimento.
Eravamo stati tanti anni in giro a suonare insieme con la band e, per la prima volta, mi sono trovato in casa, da ‘solo’ (si fa per dire…), senza potermi confrontare con i miei compagni di viaggio di sempre. Ma il desiderio di fare musica continuava a chiedermi emozioni. All’inizio è stato molto strano dover fare affidamento solo sulla chitarra e la voce, ma piano piano ho cominciato a divertirmi e a scrivere nuovi pezzi. Adesso, in ‘maturità’, il mio modo di scrivere sentivo che stava cambiando. Nel frattempo ero diventato padre di due figli, quindi sono cambiate le esigenze, è subentrata la voglia di raccontare un altro mondo, un mondo più intimo. Mi sono reso conto che ascoltavo altre cose, che facevo molto più caso a qualche canzone di Luigi Tenco, di Ivano Fossati o di Gianmaria Testa. Così ho voluto fotografare questi mesi passati a suonare in casa in un disco ‘in solo’, pensando che «dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior»…
Così sei diventato un Viaggiatore casalingo, con solo voce e chitarra per raccontare le tue storie .
Il brano che suggerisce il titolo a questo lavoro s’intitola proprio “Viaggiatori” ed è nato durante il lockdown. Dopo aver passato tanti giorni concentrato sul ‘fuori’, analizzando le notizie, i bollettini, preoccupandomi di cosa stava accadendo, passando il tempo incollato a Netflix, oppure a fare il pane in casa e leggere libri, ho sentito una forte necessità di dedicarmi al ‘dentro’. Ho pensato che questo tempo dilatato potesse rappresentare per me una grande possibilità, un ‘regalo’ da mettere a frutto. Così un giorno ho fatto un gioco: ho deciso che dovevo stare almeno mezz’ora in bagno guardandomi allo specchio! Era un viaggio dentro di me. Dopo i primi minuti passati tra l’imbarazzo e il divertimento, ho cominciato a notare cose del mio viso che non avevo mai notato: quella ruga sotto all’occhio destro, l’attaccatura dei capelli, il naso che pende a destra e così via… E mi sono chiesto perché questi particolari fossero così e non in un altro modo. Perché sono moro? Perché ho le orecchie in questa maniera? E dall’aspetto fisico sono passato a guardare le mie caratteristiche emotive e comportamentali. Così ho immaginato che ogni mia particolarità fosse come una tessera di un mosaico lasciatami in eredità dai miei genitori, i miei nonni, i miei bisnonni e tutti quelli che sono passati da questa terra prima di me. Ho provato una sensazione di ‘perfezione’, come essere proprio al punto giusto tra chi mi ha preceduto e chi verrà dopo di me.
Un bel pensiero, molto profondo. E come hai scelto le canzoni per il tuo disco?
Nel disco ho inserito brani miei che non avevano trovato una strada con Musica da Ripostiglio e che, nella versione voce e chitarra, potessero avere un perché. Poi ho creato dei medley dedicati ai cantautori che mi hanno influenzato di più in tutti questi anni. E così ho omaggiato Fabrizio De André, Pino Daniele, Fred Buscaglione, Paolo Conte e, ovviamente, Adriano Celentano. Perché, si sa, che dopo quarant’anni si torna sempre alle origini.
Così, finalmente, dopo tanti anni hai realizzato il ‘tuo’ disco!
Come sempre, ho potuto realizzare questo CD perché qualcuno ha creduto in me. Tu, Reno Brandoni, sei una delle persone che in questi anni mi hanno insegnato tanto sulla professione del musicista, ma soprattutto sulla vita. Grazie.