(di Reno Brandoni) – Le prime note di solito sono quelle che attraggono. Ogni musicista lo sa: basta ascoltare i primi minuti della prima traccia di un lavoro per sentire il ‘meglio’. Sono predisposto all’esperienza, così ascolto velocemente molta musica, facendomi subito un’idea di ciò che l’artista considera rappresentativo di sé stesso.
Ogni tanto il meccanismo s’inceppa: le prime note nascondo altre note, poi altre ancora, e man mano che le vai scoprendo ti chiedi come mai queste ultime non siano le prime. Questa è la magia di un disco in cui succede sempre qualcosa, dove vai avanti per scoprire la prossima avventura e goderti la nuova emozione.
Sarà un vecchio trucco, ma non è facile realizzarlo. Bisogna avere tante idee, tante cose da dire per riempire tracce e solchi di musica nuova, per offrire sempre una sorpresa e far capire che il meglio deve ancora arrivare, che qualcos’altro sta all’agguato pronto ad aggredire le tue consolidate certezze.
Mauro Mibelli è un chitarrista sardo, lo confessa con orgoglio. Il suo mare, il vento di maestrale e i suoni che lo accompagnano sin da bambino escono dalle sue mani ruvidi ma eleganti, forti ma addomesticati, romantici. Basta poco per capirlo, per comprendere la sua gentilezza e la sua vena creativa. Vorrei farvi l’elenco delle meraviglie o delle cose che mi sono particolarmente piaciute, ma svelerei il racconto, annullerei il piacere della scoperta, per cui vi lascio con la consapevolezza di donarvi un momento di grande musica e di serenità. A vele spiegate.
Prima di chiudere questa recensione, però, voglio mettervi in guardia su due momenti. Parlo dei brani “Costellazioni” e “Barcas”. Andate fino in fondo, immergetevi nel ritmo e nelle note, abbandonatevi lasciando il vostro cuore in balia delle emozioni. Perché non c’è niente di meglio che quando la musica vi fa perdere voi stessi. E qui, farete fatica a ritrovarvi.
Reno Brandoni