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di Jontom – In una vita scandita da ritmi frenetici, notifiche sul cellulare, caselle email da svuotare, appuntamenti da ricordare e ricorrenze da non dimenticare, è difficile tenere sottocchio il mana. È il potere divino che non ci è dato conoscere, l’energia che scorre attraverso la natura e tutte le sue forme, quella sensazione di completezza che ci viene data da una profonda consapevolezza del nostro io e della relazione con il mondo circostante. Che tu ci creda o no, non importa molto. Non sono qui per convertirti ad una filosofia di vita che potrebbe risultarti distante, ma al tempo stesso auspicabile per alleggerire la quantità immane di stress nel mondo occidentale. Sono qui per continuare il percorso dei mesi scorsi e narrarti la storia di uno dei pochi strumenti al mondo radicato fino al midollo alla filosofia di vita in cui è cresciuto, al suo contesto sociale, alla natura che lo ha ascoltato suonare sulle sue spiagge e al mana che ha fatto vibrare le sue quattro corde.
L’ukulele in fondo è evoluzione e definizione di un altro strumento, il braguinho portoghese arrivato alle isole Hawai’i nel 1879. Viene immediatamente ribattezzato ‘pulce saltellante’ e prodotto di lì a poco con qualche leggera modifica strutturale. Ciò che lo rende unico in realtà è il suo utilizzo per certi versi sacro che soprattutto nei primi tempi inizia a prendere piede. Chiariamolo subito: non pensiamo a canti pastorali o rigidissime strutture musicali in cui celebrare qualcosa o qualcuno più in alto di noi. In realtà si celebra la natura circostante, al fine di porre l’individuo al suo stesso livello, e si rispettano le antiche divinità locali, custodi di una tradizione a cui il popolo hawaiiano era e rimane tuttora legatissimo. Nemmeno dieci anni dopo, nel 1887, l’Hawaiian League dei proprietari terrieri e dei missionari cristiani spediti sull’arcipelago inizia a cambiare il volto delle isole, ma resta comunque un dato di fatto che le radici culturali, per quanto offuscate da uno stile di vita ormai assolutamente moderno e occidentale, siano ancora vivissime e profondamente rispettate anche ai giorni nostri.
Spiegare come un hawaiiano vede la musica e la sua vita non è affar mio. Comprendere le ragioni per cui spesso il virtuosismo viene accantonato in favore di un diverso appagamento musicale è una delle cause che pongono l’ukulele ai margini di strumenti musicali più convenzionali. Non commettere l’errore di ritenere l’ukulele come strumento cabarettistico lontano dagli studi e da ore di esercizio. Fior fiori di personaggi hanno già ampiamento dimostrato che sullo strumento è possibile suonare qualsiasi cosa, ma purtroppo viviamo l’eredità dei primi attori che lo sdoganarono sulla terraferma all’interno dei propri sketch, indubbiamente più semplici da far passare sugli schermi di Hollywood e nella memoria del pubblico di un tempo. La bellezza di un arrangiamento in realtà consiste nel saper suonare un paio di note con la giusta intensità e, nel nostro caso, anche nell’accantonare la nostra chitarra all’ombra di una palma per andare a fare un po’ di surf.
Ciò che reputo tanto importante quanto la fluidità di una mano destra che opera in un arrangiamento fingerpicking, è la voglia di ridere di fronte ad un freddo esecutore, invitarlo al tavolo con noi e offrirgli qualcosa da bere per condividere un po’ di momenti spensierati. Non posso ignorare la gentilezza, il senso di unità, la piacevolezza, l’umiltà e la pazienza nel suonare il mio strumento.
Dietro un ukulele ci sono questi valori, l’Aloha Spirit, nelle sue infinite sfaccettature di positività e malinconia, nella profonda accettazione della vita che abbiamo di fronte e della musica che la celebra. Poi vengono le scale, gli esercizi per la velocità e gli studi per l’eccellenza da cui, almeno sulla carta, dovrebbero nascere i principali esponenti di questo strumento.
La verità è che l’estrema semplicità con cui è possibile iniziare a suonare genera molte volte nel nostro paese un malinteso, accendendo le luci del palcoscenico su altri aspetti, quelli più comici, che riguardano l’ukulele in maniera trasversale.
Nel frattempo diamo uno sguardo all’altro tipo di universo a cui abbiamo accennato, questa volta con gli accordi che – come potrai notare – su un ukulele sembrano fattibili anche per chi non ha grosse esperienze musicali. Per quanto riguarda la diteggiatura della mano sinistra, ti consiglio di iniziare con l’anulare per l’accordo di DO, il medio per il DOmaj7, medio e anulare per il MI minore e medio ed indice per il RE minore, con il dito medio che potrebbe eseguire un barré parziale sulle corde 3 e 4. L’ultimo accordo, SOL maggiore, viene indicato con un barré al secondo tasto, ma potresti tranquillamente ricorrere a tre dita dal momento che non abbiamo posizioni particolarmente complesse e non stiamo nemmeno suonando in velocità.
Buon divertimento e mahalo per l’attenzione!

Jontom
www.jontom.net
youkulele.com


Chitarra Acustica, 7/2012, pp. 82-83

di Jontom – In una vita scandita da ritmi frenetici, notifiche sul cellulare, caselle email da svuotare, appuntamenti da ricordare e ricorrenze da non dimenticare, è difficile tenere sottocchio il mana. È il potere divino che non ci è dato conoscere, l’energia che scorre attraverso la natura e tutte le sue forme, quella sensazione di completezza che ci viene data da una profonda consapevolezza del nostro io e della relazione con il mondo circostante. Che tu ci creda o no, non importa molto. Non sono qui per convertirti ad una filosofia di vita che potrebbe risultarti distante, ma al tempo stesso auspicabile per alleggerire la quantità immane di stress nel mondo occidentale. Sono qui per continuare il percorso dei mesi scorsi e narrarti la storia di uno dei pochi strumenti al mondo radicato fino al midollo alla filosofia di vita in cui è cresciuto, al suo contesto sociale, alla natura che lo ha ascoltato suonare sulle sue spiagge e al mana che ha fatto vibrare le sue quattro corde.
L’ukulele in fondo è evoluzione e definizione di un altro strumento, il braguinho portoghese arrivato alle isole Hawai’i nel 1879. Viene immediatamente ribattezzato ‘pulce saltellante’ e prodotto di lì a poco con qualche leggera modifica strutturale. Ciò che lo rende unico in realtà è il suo utilizzo per certi versi sacro che soprattutto nei primi tempi inizia a prendere piede. Chiariamolo subito: non pensiamo a canti pastorali o rigidissime strutture musicali in cui celebrare qualcosa o qualcuno più in alto di noi. In realtà si celebra la natura circostante, al fine di porre l’individuo al suo stesso livello, e si rispettano le antiche divinità locali, custodi di una tradizione a cui il popolo hawaiiano era e rimane tuttora legatissimo. Nemmeno dieci anni dopo, nel 1887, l’Hawaiian League dei proprietari terrieri e dei missionari cristiani spediti sull’arcipelago inizia a cambiare il volto delle isole, ma resta comunque un dato di fatto che le radici culturali, per quanto offuscate da uno stile di vita ormai assolutamente moderno e occidentale, siano ancora vivissime e profondamente rispettate anche ai giorni nostri.
Spiegare come un hawaiiano vede la musica e la sua vita non è affar mio. Comprendere le ragioni per cui spesso il virtuosismo viene accantonato in favore di un diverso appagamento musicale è una delle cause che pongono l’ukulele ai margini di strumenti musicali più convenzionali. Non commettere l’errore di ritenere l’ukulele come strumento cabarettistico lontano dagli studi e da ore di esercizio. Fior fiori di personaggi hanno già ampiamento dimostrato che sullo strumento è possibile suonare qualsiasi cosa, ma purtroppo viviamo l’eredità dei primi attori che lo sdoganarono sulla terraferma all’interno dei propri sketch, indubbiamente più semplici da far passare sugli schermi di Hollywood e nella memoria del pubblico di un tempo. La bellezza di un arrangiamento in realtà consiste nel saper suonare un paio di note con la giusta intensità e, nel nostro caso, anche nell’accantonare la nostra chitarra all’ombra di una palma per andare a fare un po’ di surf.
Ciò che reputo tanto importante quanto la fluidità di una mano destra che opera in un arrangiamento fingerpicking, è la voglia di ridere di fronte ad un freddo esecutore, invitarlo al tavolo con noi e offrirgli qualcosa da bere per condividere un po’ di momenti spensierati. Non posso ignorare la gentilezza, il senso di unità, la piacevolezza, l’umiltà e la pazienza nel suonare il mio strumento.
Dietro un ukulele ci sono questi valori, l’Aloha Spirit, nelle sue infinite sfaccettature di positività e malinconia, nella profonda accettazione della vita che abbiamo di fronte e della musica che la celebra. Poi vengono le scale, gli esercizi per la velocità e gli studi per l’eccellenza da cui, almeno sulla carta, dovrebbero nascere i principali esponenti di questo strumento.
La verità è che l’estrema semplicità con cui è possibile iniziare a suonare genera molte volte nel nostro paese un malinteso, accendendo le luci del palcoscenico su altri aspetti, quelli più comici, che riguardano l’ukulele in maniera trasversale.
Nel frattempo diamo uno sguardo all’altro tipo di universo a cui abbiamo accennato, questa volta con gli accordi che – come potrai notare – su un ukulele sembrano fattibili anche per chi non ha grosse esperienze musicali. Per quanto riguarda la diteggiatura della mano sinistra, ti consiglio di iniziare con l’anulare per l’accordo di DO, il medio per il DOmaj7, medio e anulare per il MI minore e medio ed indice per il RE minore, con il dito medio che potrebbe eseguire un barré parziale sulle corde 3 e 4. L’ultimo accordo, SOL maggiore, viene indicato con un barré al secondo tasto, ma potresti tranquillamente ricorrere a tre dita dal momento che non abbiamo posizioni particolarmente complesse e non stiamo nemmeno suonando in velocità.
Buon divertimento e mahalo per l’attenzione!

Jontom
www.jontom.net
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Chitarra Acustica, 7/2012, pp. 82-83

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