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Acoustic Franciacorta 2014 – L’undicesima edizione (1)

di Elisa Minelli e Stefano Rosa – foto di Elio Berardelli e Mario Bonotto

Il cuore della sei corde continua a battere da undici anni in questo angolo incantato d’Italia, il territorio franciacortino, che il festival ha voluto valorizzare anche quest’anno, proponendo visite guidate nei luoghi più esclusivi e storici di due dei comuni che hanno ospitato quest’undicesima edizione: Ome e Corte Franca. Un’edizione che ha riunito musicisti da tre continenti: Europa, America del Nord e Asia; e per alcuni di loro è stata la prima volta sul palco di Acoustic Franciacorta. Noi vi accompagneremo alla scoperta di questa edizione, cercando in particolare di evidenziare i dettagli tecnico-musicali che rendono così speciale la rassegna. E iniziamo col darvi qualche numero: un concorso chitarristico, una jam sotto le stelle trasformata nella prima ‘notte bianca’ di Acoustic Franciacorta, due seminari, due itinerari turistici, due mostre fotografiche (Elio Berardelli e Mario Bonotto), tre incontri con gli artisti, cinque giorni di musica con degustazioni di vini della Franciacorta, cinque comuni, sette nazioni, diciotto concerti, ventuno espositori, ventitre musicisti, più di trenta chitarre, oltre centottanta corde, oltre cento brani e circa tremila persone per un’unica grande passione: la chitarra acustica.

Davide Sgorlon (foto di Elio Berardelli)
Davide Sgorlon (foto di Elio Berardelli)

Il 27 agosto, il magico cortile della Pieve di Santa Maria di Erbusco ha inaugurato la rassegna. Il Comune di Erbusco aveva ospitato il festival per la prima volta nel 2012 presso il cortile del Palazzo municipale e lo scorso anno alla Cascina Pio IX e al Teatro comunale.
Davide Sgorlon, per la prima volta ad Acoustic Franciacorta, è il primo a salire sul palco. Suona i brani dell’album Crossover, così chiamato «perché mi piace ascoltare tutta la musica, in particolare quella etnica, che ho avuto la possibilità di ascoltare quando ho girato diversi paesi del mondo per motivi di lavoro. Ho rielaborato ciò che ho ascoltato negli anni in giro per il mondo, creando nuove tecniche personali che ho inserito nel disco. Quando mi si chiede che genere suono, io rispondo che suono la chitarra acustica: proprio perché nella mia musica si trovano riferimenti a tantissimi stili compositivi, non riesco a dare una definizione se non quella di ‘chitarra acustica contemporanea’.» Sgorlon registra simultaneamente dei loop lavorando in accordatura aperta, creando così atmosfere particolari e suggestive, ideali per la cornice della Pieve: «Visto che provengo dal blues e dal jazz, durante i concerti cerco sempre di ritagliare uno spazio per l’improvvisazione. Per ricreare le atmosfere del disco uso una loop station, andando quindi a sommare diverse tracce di chitarra. Questo mi permette di creare atmosfere ogni volta differenti ad ogni concerto.» Il pubblico ha avuto il piacere di ascoltare altri due inediti che «non hanno ancora un titolo e non so se mai ce l’avranno. I titoli li attribuisco in base alla musica e questa è la cosa più difficile da fare. Il titolo deve rappresentare alla perfezione il brano, non dev’essere una semplice cornice e non è detto che lo si debba attribuire per forza». Davide focalizza l’attenzione al suono, questo forse per deformazione professionale: non è infatti solo uno dei grandi nomi del panorama musicale del fingerstyle, ma lavora anche come fonico e si occupa di postproduzione televisiva da circa quindici anni.

Giorgio Cordini e Reno Bradoni (foto di Mario Bonotto)
Giorgio Cordini e Reno Bradoni (foto di Mario Bonotto)

La serata prosegue con il duo formato da Giorgio Cordini (direttore artistico di Acoustic Franciacorta) al bouzouki e Reno Brandoni alla chitarra, una collaborazione che dura da sette anni. Suonano alcuni brani tratti dal loro album Anema e corde (Fingerpicking.net, 2008) continuando l’atmosfera sognante creata da Sgorlon prima di loro, con sfumature però più mediterranee. «Questi brani strumentali hanno la struttura di una canzone: introduzione, strofa, ritornello ecc. Mancano solo le parole. Inventatele voi o provate a pensarle»: così si rivolge Giorgio al pubblico attento, abituato ad ascoltare questi concerti di musica ‘raffinata’ in religioso silenzio. Dopo queste parole le loro dita pizzicano le corde suonando “Aspettandola”, prima traccia dell’album; segue poi “Mediterranea”, la cui melodia inizia con un’anacrusi che rimane ben impressa all’ascoltatore, “ispirato da Mauro Pagani e dai brani di Crêuza de mä; i fraseggi ricordano quelle atmosfere, quel clima e sapore musicale». Con grande simpatia i due si scambiano qualche battuta intrattenendo il pubblico, che non contiene la risata. Uno spettacolo divertente e musicalmente molto raffinato. È la volta di un brano che vede solo Reno sul palco. Tornano poi in duo con “100 Cammelli”, un pezzo che avevamo già avuto il piacere di ascoltare durante il concerto di Reno della scorsa edizione, questa volta con la novità del bouzouki di Giorgio: «un nuovo arrangiamento. L’avevo scritta pensando di accoppiarmi musicalmente a Giorgio».L’utilizzo della minore armonica in “100 Cammelli” evidenzia l’ispirazione al mondo arabo, che Reno ha maturato durante un viaggio in Marocco, a sud di Marrakech. Il brano non è ancora stato inciso, sarà probabilmente una traccia del prossimo album, come hanno anticipato durante la serata. Il duo prosegue con “Anna”, contenuto in Anema e corde, un nome molto caro a Giorgio perché frequente nella sua famiglia (madre, sorella e nipote): due misure di intro, otto di strofa che anticipano l’entrata della seconda chitarra di Reno; un 4/4 caratterizzato da una dolce melodia. Giorgio imbraccia la chitarra e canta “Mio fratello che guardi il mondo” di Ivano Fossati – «Sono molto affezionato a questo brano. Proverò anche a cantare» –, unico pezzo della serata in cui Giorgio utilizza la loop station. Un ultimo brano prima di lasciare il palco al fantastico duo Nosei-Maddalone: “Jack & Vacchi”, caratterizzato dalle blue note, inserito in Anema e Corde, è l’ultimo dialogo chitarra-bouzouki che abbiamo avuto il piacere di ascoltare durante il festival, un ragtime; e Reno racconta: «mettere un bouzouki su un brano ragtime sembra una cosa folle… Giorgio l’ha inserito trovando i giusti fraseggi. L’idea di poter utilizzare questo strumento, con le sue sonorità, anche per delle musiche ‘codificate’ come la musica blues e ragtime ha dimostrato una sua efficacia; e all’interno del progetto di Anema e corde c’era anche questo desiderio di provare qualcosa di diverso. Quest’avvicinamento del bouzouki al blues ha un’aria particolare, innovativa.»

Stefano Nosei  e Andrea Maddalone (foto di Elio Berardoni)
Stefano Nosei e Andrea Maddalone (foto di Elio Berardelli)

Il duo Stefano Nosei (voce e chitarra acustica) e Andrea Maddalone (voce, chitarra acustica ed elettrica, loop) chiude la bellissima serata sotto le stelle con un concerto tutto in stile James Taylor: Loving James. Il duo ha sostituito l’esibizione dei Sonohra, anticipando il concerto che probabilmente li avrebbe visti salire sul palco nella dodicesima edizione di Acoustic Franciacorta. Loving James è uno spettacolo ‘neonato’, con il quale il duo ha debuttato lo scorso 31 maggio all’Acoustic Guitar Meeting di Sarzana. Stefano parla così della musica di Taylor: «è un amore che ho da tantissimi anni. Ho quasi sessant’anni anni, la prima volta che l’ho ascoltato ne avevo diciotto… sono rimasto folgorato. Io e Andrea ci siamo confessati questa passione comune, così è nato il progetto.» Una musica «intima» – la definizione è di Andrea – e che secondo Stefano trasmette «allo stesso tempo una malinconica allegria e un’allegria malinconica. James canta le canzoni tristi con un sorriso e le canzoni allegre con un tono malinconico. […] Ha inventato un modo di suonare la chitarra particolarissimo, alterna i bassi come se fosse un pianoforte». Le canzoni sembrano semplici, ma «il livello di qualità grazie al quale compone la sua musica è altissimo», aggiunge Andrea. La scaletta inizia con “Carolina in My Mind”: al pubblico basta chiudere gli occhi qualche istante per lasciarsi trasportare completamente dalle onde sonore, dai timbri caldi, ariosi e per certi versi nasali; una vera e propria reincarnazione del grande James. Quella di Stefano e Andrea però non è una semplice esecuzione, il duo gioca con il suo stile senza perdere la propria identità. Seguono “Copperline” e “Country Road”. «Le prime canzoni parlavano della sua terra, poi ha cercato altre strade, è diventato molto romantico…» così Stefano presenta il prossimo brano “You Can Close Your Eyes”. È poi la volta di “Only a Dream in Rio”, il pezzo preferito di Stefano Nosei, perché qui James Taylor «è riuscito a dare una descrizione precisa del Brasile. L’abbinamento musica-parole è fantastico; riesce a creare l’atmosfera di malinconia e gioia classica del Brasile. Non è famosissima, ma è una delle più riuscite.» Ancora un brano che parla di un altro paese caldo: “Mexico”, dove è stata molto originale la scelta di canticchiare una parte di “Hit the Road Jack” dal repertorio di Ray Charles. Ultimo brano di James Taylor è “Me and My Guitar” che vede protagonista solo Andrea (voce e chitarra acustica). Per chiudere questa prima serata di concerti Stefano e Andrea scelgono la via della ‘taylorizzazione’, un angolo del loro spettacolo di cabaret e ottima musica in cui si cimentano nel difficile compito di eseguire brani degli anni ’90, jingle o must italiani, nello stile che avrebbe utilizzato Taylor. Invitano così il pubblico a «sentire e percepire con il filtro di James» il jingle di “Amaro Averna” accostato a “Wandering” di Taylor, quello di “Robiola Osella” a “The Water Is Wide”, “Barbie Girl” della band Aqua e una loro traduzione inglese di “Tanti auguri” di Raffaella Carrà.

Joe Zhu (foto di Elio Berardelli)
Joe Zhu (foto di Elio Berardelli)
Nazzareno Zacconi (foto di Elio Berardelli)
Nazzareno Zacconi (foto di Elio Berardelli)

Il 28 agosto il festival ha avuto luogo nel suggestivo Borgo Santa Giulia di Corte Franca. Musica sin dal pomeriggio con un ospite speciale: Joe Zhu, il primo cinese a rendere popolare il fingerstyle nel paese asiatico. Ha due album all’attivo e vanta collaborazioni con eccellenze del fingerstyle internazionale come Tommy Emmanuel. Il suo è un fingerstyle romantico, melodico, dal gusto decisamente occidentale. All’interno del ristorante del Borgo Santa Giulia il chitarrista ha raccontato ai presenti la sua storia di musicista, intervallando le parole con alcune sue composizioni, anche su richiesta del pubblico attento e partecipativo. Per l’occasione ha suonato le chitarre del liutaio Fabio Bonardi, in esposizione per tutta la serata. I due si incontreranno nuovamente il prossimo ottobre durante l’esposizione annuale di strumenti musicali a Shanghai. Emozionante, infine, la jam session blues tra Joe Zhu e Giorgio Cordini per salutare il pubblico e dare appuntamento al concerto che si sarebbe tenuto poche ore dopo. Nell’elegante cortile del ristorante apre la serata Nazzareno Zacconi con i brani tratti da Akustiko, l’album prodotto da Massimo Varini (Kymotto Music, 2012): «Dopo un lungo percorso ho deciso di intraprendere qualcosa che mi rappresentasse in maniera più intima, come il mondo della chitarra acustica. È un grandissimo onore potervi proporre questi brani tratti dal mio CD». “The Ranger Song” è il primo brano che abbiamo il piacere di ascoltare, una lenta progressione discendente precede il virtuosismo. Tra gli altri brani fingerstyle e fingerpicking propone “Quiet Breathing” e “Countryludio”. Prima di lasciare il palco al Bruskers Guitar Duo suona la bellissima “Wild Gallop”.

Bruskers Guitar Duo (foto di Mario Bonotto)
Bruskers Guitar Duo (foto di Mario Bonotto)

Il Bruskers Guitar Duo, composto da Eugenio Polacchini e Matteo Minozzi, prosegue la grande serata di concerti con un repertorio fresco e romantico, facendoci ascoltare melodie di ogni angolo del mondo. Il duo modenese apre il concerto con un omaggio a Fiorenzo Carpi, compositore italiano che nel ’71 aveva scritto la colonna sonora dello sceneggiato Le avventure di Pinocchio diretto da Luigi Comencini. Eugenio e Matteo ci portano poi in Corea con due rivisitazioni: “I’m 17 Years Old”, uno swing degli anni ’30, e la canzone folk “Arirang”, in memoria delle vittime della tragedia del traghetto Sewol dello scorso 16 aprile. I due danno qualche anticipazione riguardo all’uscita di un nuovo album dedicato alla rivisitazione di brani della tradizione jazzistica coreana, richiesto loro da un produttore discografico coreano molto interessato al particolare stile Bruskers, reso così speciale dalla sincronia e da un invidiabile affiatamento. In questo viaggio musicale tornano con una melodia italiana: “Tu vuo’ fa’ l’americano” di Carosone, brano che avevano proposto nei loro concerti in California, ma poco conosciuto nel paese a stelle e strisce. È ora la volta di “Cliffs of Moher”, un inedito che si ispira allo smeraldo più verde d’Europa: l’Irlanda; come racconta Matteo, il pezzo «descrive un viaggio che Eugenio aveva compiuto alcuni anni fa. Alle prove abbiamo iniziato a riflettere su come potesse essere bello provare a descrivere attraverso la musica un’esperienza di questo tipo. Abbiamo anche realizzato un video con le immagini di queste scogliere: in qualche modo uno si sente trasportare dal vento»; ed Eugenio: «è una zona davvero ventosa, quasi da volare via, con l’oceano che ti si trova davanti. Abbiamo cercato di rendere quest’atmosfera leggera.» Dall’Europa si passa al Sud America con “Marchinha de Carnaval”, un brano brasiliano di Celso Machado. Prima di concludere la loro magnifica esibizione con “Black Orpheus”, ricordano che presto uscirà il libro Una chitarra per duo, edito da Fingerpicking.net, con spiegazioni dei loro duetti.
È Joe Zhu ad avere l’onore di chiudere la serata. Un sorridente «ciao» al pubblico e subito inizia con “Datun Road East”, brano tratto dal suo primo album Daydream. Fa seguire una composizione in classico stile pop moderno cinese, utilizzando un pedale loop che gli permette di creare un’atmosfera suggestiva che conquista il pubblico. Il terzo brano, intitolato “Beijing & Tokyo” e dedicato alla sua ex ragazza, fa subito muovere i presenti con il suo mood funky. Ma la definitiva conquista del pubblico si concretizza con “Ennio”, brano dedicato al suo idolo Ennio Morricone. Successivamente ci fa ascoltare il suo primo lavoro fingerstyle, “On the Road”. Segue una bellissima cover della celebre “Blue Moon”, condita da una ritmica simile a quella pianistica di “My Baby Just Cares for Me” nella versione Nina Simone, durante la quale ci lasciamo travolgere dal ritmo accompagnando il tempo con le mani per tutta la durata del brano. Un momento di commozione arriva anche alla fine del suo “Anthem of Fingerstyle”. Il finale del concerto è dedicato agli oldies come “Walking My Back Home”, “What a Day for a Daydream”, “I’ve Heard That Song Before” e “Love Me Tender”, durante i quali Joe mostra di avere qualità vocali non indifferenti. Quella dell’Acoustic Franciacorta non è stata l’unica esibizione di Joe in Italia, infatti il giorno dopo si è esibito a Udine. E ha promesso di tornare presto nel nostro paese.

di Elisa Minelli e Stefano Rosa

[nel prossimo post il racconto delle giornate del 29 e 30 agosto]

PUBBLICATO
Chitarra Acustica, 10/2014, pp. 28-31

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