mercoledì, 6 Novembre , 2024
27.9 C
San Teodoro

Beppe Gambetta e le sue 11 Acoustic Night

Beppe Gambetta non è unicamente l’alfiere italiano della chitarra flatpicking, ma anche l’infaticabile organizzatore – insieme alla moglie Federica Calvino Prina – delle Acoustic Night, annuale appuntamento primaverile al Teatro della Corte di Genova e vera e propria testa di ponte della chitarra acustica nel circuito teatrale italiano, che si dimostra un tassello essenziale per tentare di avvicinare un pubblico non soltanto specialistico e di appassionati, ma più diversificato e si spera sempre più ampio. L’anno scorso le Acoustic Night hanno raggiunto il traguardo dei primi dieci anni di vita. Con l’undicesima edizione di quest’anno ci auguriamo che possano inaugurare una nuova stagione, altrettanto ricca e feconda della precedente. Dal 5 al 7 maggio Beppe sarà quindi nuovamente nella sua Genova per uno spettacolo intitolato alle Radio d’America, nel quale celebrerà la musica e la storia dei più importanti Radio Shows statunitensi, insieme a protagonisti come Nick Forster, Bryan Sutton e Peter Ostroushko. Durante le tre serate presenterà anche il suo nuovo CD Beppe Gambetta Live at Teatro della Corte, con i momenti più emozionanti dei primi dieci anni della manifestazione. E la serata di venerdì 6 sarà inoltre trasmessa in diretta da Rai Radio 3.

Foto di Franco Rosso

A Beppe abbiamo chiesto per l’occasione di dedicarci una sua personale cronistoria di questi undici anni di esperienze. Eccolo il suo racconto delle Acoustic Night, con le proprie considerazioni e le proprie speranze.

L’esordio
«Il concetto del primo tentativo della Acoustic Night è stato in effetti un’idea di mia moglie Federica, se ti devo dire. Perché a quel tempo io facevo a Genova due-tre spettacoli diversi durante l’anno in teatri minori, con due-trecento posti. Venivano tutti bene, però era un grande sforzo organizzativo in direzioni diverse. Ero io da solo, oppure in duo con Dan Crary o con Carlo Aonzo. E allora Federica ha pensato: “Ma se tutti questi sforzi fossero convogliati in un’unica serata speciale, e tu smettessi di fare l’artista che si ripropone sempre nella sua città, come succede spessissimo, ma ti proponessi come qualcuno che ogni anno organizza qualcosa di speciale per la propria scena musicale, qualcosa che poi un giorno tutti attenderanno come un evento?” Ed è stata un’intuizione interessante, perché molto spesso gli artisti hanno la tendenza a trovare lavoro vicino casa, a suonarvi tante volte, così che con l’andare del tempo il loro pubblico finisce per non aspettare più quel tipo di spettacolo… E Federica aggiungeva: “No, rifiuta assolutamente di fare qualsiasi piccola cosa, in modo da creare un’aspettativa per una bella cosa su cui possiamo lavorare intensamente. E la cosa più naturale sarebbe, anziché chiamare un unico collaboratore, chiamarne diversi e far nascere una sinergia”. Da qui è nata l’idea. Non l’idea di un festival, ma proprio – non so come definirla in italiano – di una ‘All Star Night’.
Per la serata del primo anno, nel 2001, mi ricordo che eravamo preoccupatissimi di questo teatro da mille posti – era già il Teatro della Corte – con le sue dimensioni da far veramente intimidire. Avevamo fatto proprio tutto ciò che era possibile fare, avevamo contattato ogni singolo giornalista, ogni singola persona. Ci eravamo detti: “Dopo tanto lavoro, questo è un bel momento della carriera che deve assolutamente portare qualcosa!” Quindi avevamo lavorato intensamente per mesi e mesi, poi il risultato di un tutto esaurito di mille persone al primo tentativo è stata la prova che la formichina che semina tanto, negli anni, alla fine viene ricompensata dei suoi sforzi.
In questa prima edizione, che aveva il sottotitolo di Chitarre dal mondo, c’era Rolf Lislevand, fantastico chitarrista norvegese di musica antica, che tra l’altro vive in Italia: è uno dei massimi esponenti di quel settore e suona la chitarra barocca, il liuto, il chitarrone. Poi c’erano Stephen Bennett e Dan Crary. E infine Steve Player, un altro chitarrista barocco, che danzava con Federica mentre suonava, come si faceva in epoca antica. Ai tempi di quella prima edizione io e Federica, che è diplomata in chitarra classica e si dedica alla ricerca e allo studio nel campo della danza rinascimentale e barocca e dell’etnomusicologia, riuscivamo ancora a mescolare, a far toccare i nostri due mondi. È stato bello, io ho suonato “Fandango per la bionda” e lei ha danzato, pensa. È stata una delle edizioni più complesse.»

Chitarre dal mondo
«Nel 2002, sempre con il sottotitolo Chitarre dal mondo, abbiamo continuato con Steve Kaufman e Franco Morone. Steve è stato vincitore per ben tre volte del prestigioso National Flatpicking Championship, che si svolge ogni anno a Winfield nel Kansas, e la sua musica spazia dal bluegrass allo swing, dai fiddle tunes irlandesi e dei monti Appalachi ai classici del folk e del country, senza tralasciare composizioni personali. È considerato il più sincero continuatore della scuola di Doc Watson. In questa seconda edizione abbiamo fatto nuovamente il tutto esaurito e 100-200 persone che non erano riuscite a trovare posto. Così alla fine ci siamo detti che potevamo cercare di passare da una serata a due, che forse potevamo farcela.»

Men of Steel
«E per la terza edizione del 2003 abbiamo fondato i Men of Steel con Dan Crary, Don Ross, Tony McManus e me. Sempre in quell’occasione abbiamo verificato che il pubblico rimaneva particolarmente affascinato dalla dimensione teatrale, perché Sergio Bianco ci aveva preparato una scenografia fantastica con delle grandi matite da cui schizzavano verso il cielo delle biciclette immaginarie. E abbiamo capito che il pubblico gradiva tantissimo il fatto di poter ascoltare uno spettacolo acustico, che di per sé non ha nessuna spettacolarità visiva o nel movimento, aggiungendo una regia nei movimenti, facendo attenzione a evitare tempi morti, facendo in modo che ci fossero sempre le luci a seguire lo spettacolo e il carattere dei vari brani, che ci fosse un racconto preparato. Nasceva in quel periodo questa caratteristica dell’Acoustic Night, perché ci accorgevamo che lo spettacolo assumeva una marcia in più data da tutti questi aspetti curati con attenzione.»

Chitarre e voci dal mondo

Gambetta, Parsons e Coppo (foto di Stefano Goldberg)

«Poi l’anno dopo ci siamo detti: “La gente gradisce tantissimo anche la presenza di un tema”. E il tema è stato quello delle grandi voci e grandi chitarre, quindi Gene Parsons dei Byrds e la cantautrice-chitarrista Patty Larkin. Inoltre avevo fatto delle date preparatorie con Gene Parsons insieme anche a Martino Coppo, e ci siamo accorti che il nostro trio vocale funzionava così bene che Martino è stato moltissimo insieme a noi anche sul palco della Acoustic Night. È stata una scelta molto felice. Questa edizione che si apriva alle voci è stata memorabile. E ci ha rafforzato nell’idea che la gente aveva piacere a seguire un tema, al fatto che ogni Acoustic Night avesse un suo tema. Così negli anni ci sono stati sempre dei cambiamenti, piccoli, ma di apertura verso temi diversi, angolazioni diverse, strumenti un po’ diversi. In modo che non fosse sempre e soltanto la chitarra , anche se la chitarra continuava a mantenere il ruolo di strumento trainante.
Inoltre in quegli anni, cercando di seguire i progressi della tecnologia, abbiamo cominciato a proiettare sullo schermo la ripresa video di noi che stavamo suonando, anche per far vedere un po’ meglio al pubblico in galleria. Però ci siamo presto accorti che un sovraccarico di tecnologia a volte poteva togliere un po’ alla musica: si vedono molti spettacoli in cui la gente non sa neanche più dove guardare, perché ha dei video dappertutto, sottotitoli, luci che girano ogni dieci secondi, immagini che cambiano. E allora ci siamo detti: “Lo stile scenografico deve aiutare la gente a concentrarsi sulla poesia, sulla profondità dell’arte!” Abbiamo cercato di assecondare il bisogno della gente di stare un po’ tranquilla con l’arte, senza questo overload di tecnologia, questo sovraccarico di informazioni, questa tendenza a far crescere lo spettacolo dando più effetti speciali. Secondo noi lo spettacolo cresce se riesci a dare una poesia in più, un’emozione in più, a toccare il profondo della persona per un momento in più.»

Chitarre d’Europa
«E nel 2005 siamo passati alle Chitarre d’Europa, per non dare l’impressione di essere soltanto legati alla musica di origine nordamericana, per mostrare che la chitarra è molto di più, apre confini in ogni direzione. Così abbiamo avuto Michal Vavro, che è uno dei grandi nuovi chitarristi dei Paesi dell’Est; Maurizio Geri, che si occupa di Django jazz però con un cuore italiano, innestandovi una grande conoscenza del folkore musicale italiano; e Ian Melrose, irlandese ma che vive a Berlino, proprio il simbolo del musicista europeo. Abbiamo presentato anche alcuni brani di Chitarre Zimarre, un progetto di Geri e mio dedicato alla rielaborazione di temi popolari italiani del periodo delle grandi emigrazioni.»

Melrose, Vavro, Gambetta e Geri (foto di Stefano Goldberg)

Il ritorno dei Men of Steel
«L’anno successivo abbiamo provato un ritorno dei Men of Steel. E l’esperienza è andata abbastanza bene, ma ci ha dato anche l’occasione per capire che il pubblico gradiva in modo particolare il cambiamento. Abbiamo notato che la gente cominciava a dire: “Allora l’anno prossimo ritornate di nuovo gli stessi?” Con i Men Of Steel avevamo un programma tutto nuovo e ci siamo parecchio divertiti, però nei numeri abbiamo verificato che il pubblico era cresciuto, sì, ma non come negli anni precedenti. Così abbiamo continuato, e Federica in particolare, a cercare di leggere e interpretare i numeri relativi alla risposta del pubblico.

Ross, McManus, Gambetta e Crary (foto di Stefano Goldberg)

L’altra Nashville
«Allora nel 2007 abbiamo fatto L’altra Nashville, nel tentativo di mostrare un’altra faccia, meno conosciuta e più creativa e impegnata, della musica di Nashville: un tema nuovo con artisti nuovi come Darrell Scott, chitarrista-cantautore, e Brad Davis, maestro delle nuove tecniche del flatpicking. Ed è stato appunto un successo, grazie al quale l’anno seguente abbiamo dovuto e potuto aggiungere una terza serata. In quegli anni l’Acoustic Night era rimasta sempre con le due serate, che però si riempivano sempre di più, sempre di più. Questa per me è stata una sorpresa incredibile: pensavo, sì, che esistesse un serbatoio determinato di persone interessate, ma non avrei mai creduto che questo bacino si rivelasse man mano inesauribile. E, anziché attingere nuovi fan dalla stretta cerchia di appassionati della chitarra o della musica acustica, scoprivo persone di provenienza diversa che attraverso il passaparola decidevano di venire, aprivano questa porta e diventavano degli spettatori fedeli, continuavano a seguire la manifestazione. Insomma, l’Acoustic Night si è andata un po’ caratterizzando anche per lo stupore di fronte a questa scoperta: attingendo da un pubblico completamente diverso, si riusciva a far crescere questo nostro mondo della musica indipendente. L’Acoustic Night, presentandosi con cura, con classe, poteva diventare uno spunto per molte persone in cerca di qualcosa di nuovo. Mettendo in luce gli aspetti più belli dell’arte, lentamente la gente continuava a seguirci.»

Darrell Scott (foto di Stefano Goldberg)

Chitarre e non solo
«Quando si aggiunge una nuova serata, magari si pensa di riempire mezzo teatro… Per proseguire l’evoluzione che si era andata delineando e dare un segnale ancora diverso, l’anno seguente abbiamo pensato di aprire a strumenti diversi. L’Acoustic Night 8 ha presentato la chitarra di Jim Hurst, il contrabbasso di Missy Raines, il violino, il banjo e la chitarra di Bruce Molsky. Ed è stata l’apoteosi, perché abbiamo verificato che potevamo reggere le tre serate, che il teatro si era riempito al primo colpo…»

Hurst, Raines, Gambetta e Molsky (foto di Stefano Goldberg)

Rendez-Vous
«Nel 2009 c’è stata una celebrazione un po’ più mia. Di solito mi tengo abbastanza indietro, perché è giusto che non emerga una primadonna, considerando anche il fatto che a me il pubblico di Genova mi ritrova sempre: quindi è meglio cercare sempre la misura giusta della mia presenza, e in questa misura non mettermi mai troppo in primo piano. Però quell’anno era l’anno dell’album Rendez-vous, che celebrava i miei vent’anni ‘on the road’. Così mi sono lasciato un po’ andare e nel programma mi sono messo più in vista, insieme a Marco Pereira, Mike Marshall e la mia band composta dal percussionista Marco Fadda e dal contrabbassista Riccardo Barbera. Uno spettacolo con tante componenti, in particolare con l’apertura di Pereira verso la chitarra dell’America Latina, che è importantissima per superare l’idea di un legame esclusivo con la musica nordamericana.»

Marshall e Gambetta

Il decennale
«L’edizione del decennale dell’anno scorso è stata una sorta di The Best Of, la festa che raccoglieva gli artisti più rappresentativi e che avevano dimostrato – negli anni – di aver vissuto meglio lo spirito dell’Acoustic Night. Gli artisti che sono ritornati sono quelli che hanno gradito di più questo formato musicale, caratterizzato dall’essere se stessi, ma al tempo stesso dal cercare l’incontro, dal godere dell’incontro con gli altri senza voler primeggiare. Sono le persone che hanno amato di più, e che sono state amate di più dal pubblico: Patty Larkin, Mike Marshall, Tony McManus, Bruce Molsky, Darrell Scott. Anzi, il problema dell’Acoustic Night 10 è stato proprio che tutti avevano portato la famiglia, e che bisognava portarli tutti in giro, appunto per questo fatto che si erano innamorati dell’ambiente, della città. Il che in realtà ci ha fatto un gran piacere, anche se poi ci è venuto un po’ di mal di testa a star dietro a tutti quanti!

Il brindisi dell'Acoustic Night 10 (foto di Sergio Farinelli)

L’unico problema dell’Acoustic Night, semmai, è che meriterebbe un paio di belle date anche a Milano, a Roma… Come fare? Io provo a presentarmi ai direttori, ai produttori dei teatri dicendo: “Guardate, sono un chitarrista genovese e… produco lo spettacolo più bello del mondo!” No, non proprio così, però bisogna avere anche un minimo di orgoglio, no? Però… mi trattano come un Testimone di Geova! Probabilmente chi ha la mentalità del musicista non ha la mentalità del manager, ed è difficile presentarsi a un direttore di teatro facendo un discorso del genere. Di solito ti risponde: “Guardi, passi domani, vedrà, vedrà”…»

 

Radio d’America

«Proseguendo nell’idea, ormai ben sperimentata, di costruire ogni stagione uno spettacolo musicale su un nuovo tema, ho deciso di invitare celebri artisti internazionali per raccontare con loro il ruolo che la radio ha avuto ed ha tutt’ora nella diffusione della musica acustica. Radio d’America è, dunque, il sottotitolo scelto per Acoustic Night 11. E il motivo nasce non solo dalla constatazione che questo mezzo di comunicazione è radicato profondamente nella storia della musica nordamericana, ma anche dal fatto che la radio è stata il motore attraverso cui la musica del Novecento è nata ed è stata diffusa. Ancora oggi la radio è l’asse portante su cui si basa la vita, il continuo rinnovarsi e la sopravvivenza stessa della musica indipendente. Per raccontare questa storia ho invitato i protagonisti di tre importanti Live Radio Shows statunitensi (quelli che vanno in onda trasmessi da teatri con il pubblico in sala): Nick Forster (voce, chitarra, chitarra slide, chitarra elettrica, contrabbasso) è il presentatore e fondatore del famoso radio show eTown che trasmette da Boulder, in Colorado; Peter Ostroushko (voce, mandolino, violino) fa parte della band del radio show Prairy Home Companion, che trasmette da Minneapolis in Minnesota; Bryan Sutton (voce, chitarra) è apparso molte volte al Radio Show della Grand Ole Opry a Nashville in Tennessee.»

 Beppe Gambetta is not only the Italian standard-bearer for flatpicking guitar, but also the tireless organizer – alongside his wife Federica Calvino Prina – of the Acoustic Night, an event held every Spring at the Teatro della Corte in Genoa and a veritable cornerstone for acoustic guitar on the Italian theatre scene. This event has proved to be important in attracting an audience not only of specialists and enthusiasts, but also a wider range of people and one which is hopefully set to grow. Last year, Acoustic Night celebrated its tenth anniversary. We hope that the eleventh edition this year will usher in a new season, as vibrant and fruitful as the last. So, from May 5 to 7, Beppe has been back in his hometown of Genoa for a show entitled Radio d’America, which celebrates the music and history of the most important American Radio Shows, along with players like Nick Forster, Bryan Sutton and Peter Ostroushko. Over the three nights, he also has presented his new CD Beppe Gambetta Live at Teatro della Corte, with the most exciting moments from the first ten years of the event. The show on Friday 6 also has been broadcast live on Rai Radio 3.

Photo by Franco Rosso

To mark the occasion, we asked Beppe to treat us to his own personal chronicle of his experiences over the last eleven years. What follows is his story of Acoustic Night, with his own thoughts and hopes.

The debut
«The concept of the first Acoustic Night was actually my wife Federica’s idea, to be honest. At the time I was doing two or three shows a year in Genoa in smaller theatres, with two or three hundred seats. They were all successful, but it involved a great deal of organization, pulling me in different directions. I performed alone, or in duet with Dan Crary or Carlo Aonzo. This is when Federica had an idea: “What if all these efforts were channeled into one special night, and you stopped being the kind of artist who always appears in his own city, as happens so often, but instead you organized something special each year for the local music scene, an event that one day people will look forward to?” This was an interesting insight, because very often artists tend to find work close to home, to play locally so often, that with the passage of time their audience ends up no longer looking forward to that kind of show… And Federica added: “No, refuse point blank to do anything small-scale, create a sense of anticipation for something beautiful that we can dedicate all our hard work to. The most natural thing would be, instead of inviting just one partner, to invite several and create a synergy”. The idea developed from there. Not the idea of a festival, but – I can’t think how to define it in Italian – an ‘All Star Night’.
On the opening night of the first event, in 2001, I remember we were really worried about this thousand-seat theatre – the Teatro della Corte – with its truly intimidating size. We had  done everything we could, contacted every journalist, every single person we could think of. We told each other: “After so much work, this is a great moment in our careers that has to take us somewhere!” So we worked hard for months on end, and the result – a full house with a thousand-strong audience for the opening night – was proof that so much effort, over the years, finally has its reward.
The first event, with the theme Chitarre dal mondo (‘Guitars from the World’), featured Rolf Lislevand, a fantastic Norwegian guitarist who plays ancient music and also happens to live in Italy: he is one of the leading exponents in this sector and plays Baroque guitar, lute and theorbo. He was followed by Stephen Bennett and Dan Crary. Last but by no means least, came Steve Player, another Baroque guitarist, who danced with Federica while he played, as they did in ancient times. Back then, Federica (who graduated in classical guitar and studies Renaissance and Baroque dance as well as ethnomusicology) and I were able to combine our talents and bring our two worlds together. It was wonderful, I played “Fandango per la bionda” and she danced, imagine! It was one of the most elaborate events we ever did.»

Guitars from the World
«In 2002, with the same theme Chitarre dal mondo, we continued with Steve Kaufman and Franco Morone. Steve is a three-time winner of the prestigious National Flatpicking Championship, held every year in Winfield, Kansas. His music ranges from bluegrass to swing, fiddle tunes from  Ireland and from Appalachia as well as classic folk and country, not to mention his own personal compositions. He is considered the most devoted follower of the Doc Watson school. The theatre was sold out for the second year running, and 100-200 people were unable to get seats. In the end, we decided that we could try for two nights, that we might be able to make a go of it.»

Men of Steel
«For the third event in 2003, we created Men of Steel with Dan Crary, Don Ross, Tony McManus and myself. Once again we saw that the audience were particularly impressed by the theatrical dimension, with its stunning backdrop designed by Sergio Bianco with oversize pencils sketching imaginary bicycles flying up to the sky. The audience also really enjoyed the chance to listen to an acoustic show, which is not visually spectacular in itself, with choreography, avoiding any breaks in the performance, making sure that lights synchronized with  show, enhancing the mood of the various pieces, and telling a story. That was when this aspect of Acoustic Night began to take shape, because we realized that these little details gave the show more momentum and power.»

Guitars and Voices from the World

Gambetta, Parsons and Coppo (photo by Stefano Goldberg)

«Then the following year we said: “People really like it when there’s a theme.” The theme this time was great voices and great guitars, featuring Gene Parsons of the Byrds and singer-songwriter-guitarist Patty Larkin. I’d also played some practice dates with Gene Parsons and Martino Coppo, and we realized that our vocal trio worked so well that Martino was on stage with us a lot of the time at Acoustic Night. It was a really great decision. Opening the event with vocals made it very memorable. It also strengthened our belief that people like to follow a theme, and that each Acoustic Night should have its own theme. So over the years we have always made little changes, branching out into different themes, different points of view and different instruments. This way the focus was not always and only on the guitar, even if the guitar has always remained the driving force for the event.
In those years, in a bid to keep up with technical innovations, we started screening videos of us playing, which also let the audience up on the balcony see better. However, we soon realized that technology overload sometimes detracts from the music: you see so many shows where the audience doesn’t know where to look, because there are videos everywhere, subtitles, lights that spin round every ten seconds, images that change all the time. So we said: “The scenery is supposed to help people to focus on the poetry, on the depth of the art!” We’ve tried to respect people’s need to simply enjoy the art, without all this excess technology, this information overload, this tendency to develop the show using more and more special effects. In our opinion, the show develops if you can create a little more poetry, more emotion, to touch people’s souls for just a moment longer.»

Guitars of Europe
«In 2005 we switched the theme to Chitarre d’Europa (‘Guitars of Europe’), to avoid the impression that we were only interested in North American music, and to show that the guitar is so much more and can cross borders in every direction. So we invited Michal Vavro, one of the great new guitarists from Eastern Europe; Maurizio Geri, dedicated to Django jazz but with an Italian heart, filling it with his vast knowledge of Italian musical folklore; and Ian Melrose, an Irishman who lives in Berlin, and who symbolizes the European musician. We also presented some pieces from Chitarre Zimarre, a project that Geri and I developed to rework popular themes from the period of the great Italian emigration.»

Melrose, Vavro, Gambetta and Geri (photo by Stefano Goldberg)

The Return of Men of Steel
«The following year we tried to bring back Men of Steel. The experience was quite positive, but it also made us realize that people really do like change. We noticed that people began to say: “So will you bring back the same theme again next year?” With Men Of Steel we had a whole new program and  a lot of fun, but we saw that the audience had grown less than in previous years. So we kept trying, Federica in particular, to read and interpret the numbers and what they had to tell us about the audience’s response.»

Ross, McManus, Gambetta and Crary (photo by Stefano Goldberg)

The Other Nashville
«Then in 2007 we did L’altra Nashville (‘The Other Nashville’) in an attempt to show another side of Nashville music, one which is less well-known but more creative and committed. A new theme with new artists such as Darrell Scott, guitarist-singer-songwriter, and Brad Davis, master of the new flatpicking techniques. It was a big hit and the following year we were able to add a third night. Until then, Acoustic Night had always been two nights, but they were getting increasingly crowded. This was an incredible surprise for me: ok, I’d always imagined there was a pretty large group of interested people, but I would never have believed that this would turn out to be inexhaustible. Rather than attracting new visitors from the small circle of fans of the guitar or acoustic music, I came across people from different backgrounds who’d heard about the event by word of mouth, and decided to come, tried it and became regulars, continuing to follow the event. In short, Acoustic Night has also been shaped by this discovery: drawing on a completely different audience, we were able to develop our world of independent music. Acoustic Night, presented in the right way, with class, could become an inspiration for many people looking for something new. By focusing on the most beautiful aspects of art, people gradually began to follow us.»

Darrell Scott (photo by Stefano Goldberg)

Guitars and much more
«When you add a new night, maybe you expect to fill half the theatre… To continue the evolution that was taking shape and give a different signal, the following year we decided to open the event to different instruments. Acoustic Night 8 presented Jim Hurst on guitar, Missy Raines on bass and Bruce Molsky on violin, banjo and guitar. This was the climax, because we found that we could manage three nights, the theatre was full right from the start…»

Hurst, Raines, Gambetta and Molsky (photo by Stefano Goldberg)

Rendez-Vous
«In 2009 it was more my event. I usually stay pretty much in the background, because it’s important not to become a ‘prima donna’, and also because the people in Genoa see me all the time. So it is always best to ‘ration’ my appearances and try not to hog the limelight too much. But that year marked the release of the album Rendez-Vous, celebrating my twenty years ‘on the road’. So I let my hair down a little and I appeared more in the event program, together with Marco Pereira, Mike Marshall and my band made up of Marco Fadda on percussions and Riccardo Barbera on double bass. A show with so many elements, in particular with Pereira branching out into Latin American guitar, so important to overcome the idea of an exclusive link with North American music.»

Marshall and Gambetta

The Tenth Anniversary
«The tenth anniversary last year was a sort of The Best Of, a party bringing together the most important artists and those who – over the years – best embodied the spirit of the Acoustic Night. The artists who came back were those who enjoyed this music format the most, those who knew how to be themselves, but at the same time to engage with others and enjoy these encounters without always wanting to take the lead. These are the ones who enjoyed it the most, and who were most loved by the audience: Patty Larkin, Mike Marshall, Tony McManus, Bruce Molsky, Darrell Scott. In fact, the problem with Acoustic Night 10 was that everyone brought their families and they had to be taken round the city. This is why they fell in love with the atmosphere here, with the city. That gave us so much pleasure, even if keeping up with everyone was a bit of a headache!

The toast at Acoustic Night 10 (photo by Sergio Farinelli)

The only problem with Acoustic Night, if anything, is that it deserves a couple of nice dates in Milan, in Rome… How? I try to interest theatre directors and producers, saying: “Look, I’m a guitarist from Genoa… and I run the best show in the world!” No, not really like that, but you do need a bit of pride, right? However… they treat me like a Jehovah’s Witness! Anyone who thinks like a musician probably doesn’t think like a manager, and it’s difficult to present yourself to a theatre director in this way. This is the usual response you get: “Look, come by tomorrow, we’ll see, we’ll see”…»

Radio of America

«Carrying on with our (now tried and tested) idea of developing a musical show with a new theme each season, I decided to invite some well-known international artists to tell the story of the role that radio has played, and still plays, in making acoustic music popular. Radio d’America (‘Radio of America’), then, was the theme chosen for Acoustic Night 11. The reason stems not only from the fact that this means of communication is deeply rooted in the history of American music, but also that radio has been the vehicle for the birth and spread of 20th Century music. Even today, radio is a cornerstone of life, the basis for constant renewal and the very survival of independent music. To tell this story, I invited the three most important artists from US Live Radio Shows (those that are broadcast from theatres with a live audience): Nick Forster (vocals, guitar, slide guitar, electric guitar, bass) is the host and founder of the famous radio show eTown broadcast from Boulder, Colorado; Peter Ostroushko (vocals, mandolin, violin) is part of the band on the Prairy Home Companion radio show, broadcast from Minneapolis, Minnesota; Bryan Sutton (vocals, guitar) has appeared many times on the Grand Ole Opry radio show in Nashville, Tennessee.»

Articolo precedente
Articolo successivo

Related Articles

3 Commenti

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Stay Connected

21,988FansMi piace
3,912FollowerSegui
22,100IscrittiIscriviti

Ultimi Articoli