
Mi sforzo di mantenere la tradizione, ma questa volta è davvero difficile. Di solito, quando attraverso in volo l’oceano, scrivo i miei editoriali con la testa tra le nuvole. Oggi, però, fuso e stanchezza hanno preso il sopravvento e con difficoltà riesco a connettermi con la realtà.
Provengo da tre giorni intensi di NAMM, ma anche da dieci giorni di tour attraverso la California. In chilometri, circa quattromila oltre le interminabili ore di volo. Di tutto questo però vi parlerò in seguito raccontandovi l’avventura, ma soprattutto illustrandovi le difficoltà tecniche e fiscali per affrontare un viaggio del genere, dalla più banale presa di corrente che non consente di collegare i nostri ‘pedalini’ alla rete elettrica, fino al problema del visto lavoro, alle fee da pagare al manager, alla scelta degli alberghi. Tante informazioni interessanti che non possono far parte di un editoriale, ma meritano un più definito e analitico articolo che tratti nel dettaglio l’argomento. Mi riprometto di ritornare prossimamente sul tema.
Ritorniamo al presente. Il cambio alla guida della presidenza USA ha certamente dato alla democrazia di quel paese un’importante svolta. Non voglio giudicare se positiva o negativa, ma certamente una svolta che non lascia indifferenti, un’innovazione fortemente significativa riferita a uno degli stati cardine del complesso sistema del potere. Urla di sdegno accompagnati da sussurri di approvazione sono la voce di un’America attonita, ma non smarrita, indignata ma nello stesso tempo curiosa di questo nuovo corso. Le bandiere sventolano sui loro pennoni e le stelle e strisce non occultano nazionalismo e protezionismo. Se da una parte la questione etico-morale sembra destarsi incredula, con la disapprovazione unanime dell’intero pianeta, dall’altra l’attenzione per l’impatto economico-finanziario di questa nuova politica sembra stuzzicare e incuriosire in maniera positiva e trasversale ogni ceto sociale. E non rimarrei sorpreso nel veder languire ogni pregiudizio.
Certo, questo nuovo regime impensierisce chi vuol essere Americano, non certo chi Americano lo è già.
Questi sono gli argomenti che accendono il dialogo in macchina, quando il motore macina chilometri e devi guardare il calendario per capire che è ancora gennaio, nonostante i ventisei gradi centigradi, i finestrini aperti e le magliette a maniche corte, che mostrano avambracci bianco latte, desiderosi di un po’ di calore. Si continua a viaggiare, la direzione questa volta è il Nevada. Quattro ore di macchina verso la città simbolo di ogni dissoluta libertà: Las Vegas. Perché capita anche che il tuo amico chitarrista, che divide con te l’esperienza di questo giro di sole e musica, abbia deciso di sposarsi proprio lì! Così, tra una slot machine e una puntata alla roulette che regala a ‘nessuno’ un magnifico ‘0’, ci si ritrova nella Little Chapel per il fatidico sì. Dopo tanta musica, per la prima volta vedo occhi lucidi e sento voci tremolanti. E nella promessa tra Gavino e Serenella percepisco passione ed emozione, affetti che tradiscono l’umanità di quel sentimento, che non smetterà mai di farci sentire felici della nostra umana semplicità. Per un giorno possiamo dimenticare le nostre chitarre.
Reno Brandoni