(di Reno Brandoni) – Il mattino non è mai così bello come quando il sorgere del sole irradia la costa americana del Pacifico e le palme dei grandi viali s’illuminano di luce intensa. Preparo Gavino a questa visione fantastica, poiché per lui è la prima volta in California. Peccato che ad attenderci troviamo un cielo grigio e piovoso. Fa freddo quasi come in Italia, tuttavia il paesaggio ispira rilassatezza e serenità. Sarà che i nostri occhi vedono questo mondo da turisti, ma la sensazione è sempre la stessa ormai da anni: questa terra ispira alla vita semplice, senza stress o pensieri. Take it easy, come dicono da queste parti.
L’occasione del NAMM ha dato a me e Gavino Loche l’opportunità di provare a fare qualche concerto, un po’ per sperimentare l’ebbrezza di ‘suonare in America’, un po’ per capire come funziona tutto il meccanismo: le difficoltà del management organizzativo, le difficoltà tecniche, i problemi legati ai permessi di ingresso e di lavoro.
I concerti
Andiamo per ordine. È chiaro che se avete un amico che conosce un locale, potete provare a fare una serata in un pub; ma non è una strada professionale da seguire, o perlomeno non partirei dall’Italia con l’idea di suonare una sera in un pub per una birra e qualche mancia… La cosa migliore è trovare un manager, qualcuno che di mestiere organizzi concerti, sia in grado di conoscere il territorio e condurre le trattative per voi, e vi segua anche solo virtualmente nel vostro percorso.
Io ho qualche amico, e grazie a lui riesco a ottenere un contatto con un’agenzia. Ma qui nascono le prime difficoltà: è faticoso per un manager proporre uno spettacolo di qualcuno che non ha mai suonato sul territorio. Mancano le referenze e, di conseguenza, i locali accettano con difficoltà degli ‘sconosciuti’.
Poi bisogna badare a circoscrivere il perimetro. Eravamo partiti con l’idea di poter suonare in qualsiasi parte dell’America, da Los Angeles a New Orleans passando per New York e Miami. Ma l’America è d’avvero grande, e spostarsi non è come andare da Milano a Roma o da Bologna a Palermo. Occorre molto tempo e denaro, quindi è bene iniziare la propria esperienza cercando di lavorare in un unico stato. Tanto per darvi qualche valore su cui riflettere: dopo Los Angeles siamo andati in quattro ore di macchina a Las Vegas in Nevada, dove il buon Gavino aveva deciso di convolare a nozze con Serenella, altra esperienza indimenticabile! Poi da Las Vegas a Roseville, luogo del nostro primo concerto, ci sono volute più di nove ore di macchina. Se fossimo partiti da Los Angeles ne avremmo messe otto di ore, sempre tante per uno spostamento ‘locale’. Distanze più lunghe possono essere affrontate in breve tempo solo in aereo, con notevoli difficoltà legate al trasporto dei bagagli, chitarre comprese. Mantenersi in una zona, quindi, può essere la soluzione migliore soprattutto in una fase iniziale.
Problemi tecnici e non solo
Già al primo concerto sorgono delle problematiche tecniche. Per esempio i pedalini che necessitano di alimentazione trovano prese e tensioni diverse rispetto all’Italia, quindi l’alimentatore deve essere americano o internazionale, per permettere l’utilizzo con varie tensioni; e sicuramente dovete partire con degli adattatori per inserire le vostre spine nei loro impianti. Altra cosa è la sicurezza: se le prese non si trovano vicino a dove vi servirebbero, non potete attaccare una prolunga alla ‘ciabatta’; per ragioni di sicurezza nessun locale ve lo permetterà. Quindi sarebbe il caso di partire da casa già con una ciabatta dotata di un cavo molto lungo, in modo da essere certi di avere la corrente a portata di mano.
Arriva il momento del cachet. In questo caso l’agenzia è fondamentale, vi permette di concludere accordi precisi e chiari, per cui avrete poco da litigare: da questo punto di vista, qui sono tutti molto precisi.
Ricordatevi inoltre che gli americani adorano le mance, quindi mettere un cesto o un vaso con su scritto tips fo musicians non è scortese, così che qualche volta potrete raddoppiare il vostro compenso. Di solito poi adorano portarsi un ricordo della serata, per cui non dimenticate i vostri CD: se il concerto è andato bene, potrete venderne una copia per ogni ascoltatore; questo vuol dire che il vostro compenso, che poteva all’inizio sembrare esiguo, può trasformarsi in congruo e consistente!
Permessi e visti
Attenzione, però: formalmente, per suonare negli Stati Uniti, bisogna avere il permesso di lavoro; cosa molto complessa e difficile. Una o due performance possono passare inosservate, ma se la cosa inizia a funzionare meglio, occorre mettersi in regola. Non ci sono tante vie se non quella di un visto di lavoro. In questo, tuttavia, bisogna dire che gli artisti sono agevolati: esiste un visto conosciuto proprio “visto artistico”, il visto O-1; infatti, dimostrando che il vostro talento è riconosciuto – con articoli che parlano di voi, pubblicazioni, partecipazione a giurie – potete tentare di ottenerlo ed è la strada più semplice per arrivare alla sospirata Green Card.
Con Gavino abbiamo viaggiato lungo tutta la costa californiana da Roseville a Costa Mesa, e dopo i primi giorni di pioggia finalmente è ritornato il sole della West Coast: ventisei gradi, maniche corte, aria condizionata e il sorriso dipinto sui nostri volti; infatti, come si può essere tristi in un giorno di sole? In definitiva abbiamo fatto un vero e proprio piccolo tour, sommando più di quattromila chilometri. Per fortuna le strade sono ampie e comode, e affittare una macchina non è poi cosi costoso. Così il nostro van Dodge a sette posti ci ha fatto da casa per quindici giorni.
Vorrei parlare anche del nostro spettacolo, perché l’approccio dell’ascoltatore è un po’ diverso rispetto all’Italia. Il pubblico viene soprattutto ‘per la musica’, cercando di comprendere il progetto e l’idea. Non serve essere dei fenomeni funambolici, quello che serve è avere un’idea e un progetto sonoro. Abbiamo provato ad eseguire i nostri set separati, ma la curiosità di tutti era capire come due stili così diversi si potessero fondere e quale musica ne sarebbe uscita fuori. Lo spettacolo ha funzionato proprio per la novità e l’idea del ‘contagio’ siciliano-sardo. In tutti i posti in cui ci siamo esibiti abbiamo ricevuto apprezzamenti, ma soprattutto l’invito a tornare. Così si costruisce un percorso…
Non è stato facile organizzare tutto questo. Anche la gestione degli alberghi e degli spostamenti può diventare stressante. Ma il clima, la buona compagnia, la strada che crea sempre cameratismo, hanno reso questo viaggio un’esperienza indimenticabile che speriamo di ripetere.
Reno Brandoni