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È online “Chitarra Acustica” n. 05/2015

È online il numero 05/2015 di Chitarra Acustica, di cui potete leggere l’editoriale di presentazione e che potete sfogliare, scaricare o richiedere nella sua versione cartacea su chitarra-acustica.net o nei migliori negozi di strumenti musicali.

L’eredità del folk barocco

CAmaggio2015Aspettavamo di incontrare John Renbourn a settembre a Tricesimo, dov’era atteso come ospite d’onore per festeggiare la decima edizione del festival Madame Guitar. Invece ci ritroveremo a celebrare la sua memoria. Innanzitutto con Wizz Jones, stimato collega di una vita, con il quale stava condividendo una breve tournée nel Regno Unito, e che lo ha atteso invano quella sera del 25 marzo scorso in un locale di Glasgow, dove doveva tenersi un loro concerto. E insieme a Reno Brandoni, che ha avuto l’onore di partecipare negli anni ’80 alle tournée italiane di John con Stefan Grossman. Queste al momento le prime adesioni, in attesa di conoscere il cartellone completo della manifestazione.
Personalmente posso dire che da parecchi anni ormai, quando – come accade inevitabilmente di tanto in tanto – ci si ritrova con leggerezza a disquisire su quale sia il nostro chitarrista preferito, nomino invariabilmente John Renbourn. Non perché io e i miei interlocutori crediamo seriamente che si possa individuare un unico chitarrista da porre al di sopra di tutti gli altri. Ma perché, secondo un mio punto di vista del tutto personale, John appare come l’esponente più rappresentativo di un nucleo di chitarristi acustici britannici che, non solo a mio avviso, incarnano un punto centrale degli sviluppi della moderna chitarra acustica internazionale: parlo, oltre che di Sir John, anche di Davey Graham, Bert Jansch e Martin Carthy, tutti dei ‘giganti’ a loro volta, ciascuno secondo le proprie specificità. Nel vasto movimento di andata e ritorno che è avvenuto nel secolo scorso tra le musiche del Nuovo e del Vecchio Mondo, il loro ruolo – nell’ambito della chitarra acustica – è stato simile a quello esercitato in un ambito di maggiore diffusione dal rock progressivo: hanno assimilato i ‘nuovi’ linguaggi provenienti dal folk process bianco e nero degli Stati Uniti, l’hanno integrato con le tradizioni popolari e colte europee, hanno così instaurato un metodo di fusione degli stili musicali destinato ad andare oltre, hanno restituito in America i propri creativi risultati, aprendo via via la porta a chitarristi come John Fahey, Leo Kottke, Peter Lang e William Ackerman fino a Michael Hedges, che hanno traghettato la chitarra folk dalla American primitive guitar alla cosiddetta classic American finger-style guitar.
L’ultima volta che ho visto John Renbourn è stata proprio a Madame Guitar, nell’edizione del 2009, dove ha tenuto un concerto come sempre impeccabile e un seminario breve ma intenso dal titolo Blues to Fingerstyle Guitar, nel quale ha sintetizzato con grande lucidità la genesi e lo sviluppo dello stile chitarristico suo e dei suoi compagni di ventura, che molti ancora oggi definiscono folk baroque. Mi ricordo in particolare questo suo esordio: «All’epoca suonavamo soprattutto blues in Mi o in La con il basso monotonico, come “Hey Hey” di Big Bill Broonzy, che Eric Clapton ha registrato su Unplugged più di trent’anni dopo… I bluesman che amavamo ascoltare e ai quali ci ispiravamo erano anche Brownie McGhee, Jesse Fuller, Mance Lipscomb. Un altro stile, meno originario del profondo Sud e legato piuttosto al cosiddetto East Coast Piedmont blues, era il fingerpicking con basso alternato, che noi avevamo scoperto in “Cocaine Blues” di Reverend Gary Davis, in Etta Baker e Mississippi John Hurt. Questi sono stati i due ingredienti principali, dai quali si è sviluppato tutto il resto. Anche se ascoltate musicisti attuali che suonano musica folk, musica celtica o nuove canzoni originali, il loro modo di suonare viene dagli stili chitarristici importati dal blues, il basso monotonico e il basso alternato, due stili ben consolidati, nei quali l’elemento essenziale è l’uso del pollice della mano destra. Questa è la cosa da cui dovete in ogni caso iniziare.»

Andrea Carpi

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