La preparazione del nuovo numero di Chitarra Acustica mi ha trascinato in tre momenti emotivamente coinvolgenti: la presentazione delle chitarre effedot, l’uscita del disco di Giorgio Cordini, il ricordo di John Renbourn. Questi tre episodi hanno assorbito ogni mia energia creativa. Non sono abituato a scrivere tanto e quasi mai lo faccio ‘a tema’; di solito preferisco la libera ispirazione, spaziando tra l’intuizione e il capriccio. Con la scrittura di questo editoriale potrei dire di aver finito, mi potrei riposare, invece mi accorgo di aver appena iniziato un nuovo viaggio.
L’arrivo di maggio annuncia l’avvio della stagione estiva, concerti e festival mi impegneranno pesantemente, rubando quei momenti di quiete che caratterizzano le mie giornate invernali. Iniziamo con Genova per l’annuale incontro organizzato da Beppe Gambetta. Il 13 si parte per la Cina per l’ultimo controllo qualità sulle chitarre effedot. Ci sarà poi la registrazione di un paio di DVD da allegare a nuove uscite, ed ecco arrivare l’atteso AGM di Sarzana.
Allora maggio si sarà concluso, ma la macchina non si sarà spenta, in vista di Pieve di Soligo, Ferentino, Fiuggi, Francavilla Marina, Franciacorta, Tricesimo… e chissà quante altre occasioni mi sono sfuggite. Certo non si può dire che a suonare la chitarra ci si annoi!
In tutto questo turbinio di emozioni, però rispunta anche la mia vena polemica, che ultimamente mi tormenta. Scusate, sarà l’età, ma non so come tenerla a bada. E anche se il ‘direttore’ Carpi mi suggerisce un editoriale più tranquillo, non posso fare a meno di dire la mia sulla ‘degenerazione’ del nostro mercato musicale. Non voglio dilungarmi, visto che in questo numero sono tanto presente, così arrivo rapido al punto. In tutti i miei viaggi musicali fuori d’Italia, ho visto la figura del musicista trattata come quella di un professionista, alla stregua di un avvocato, un dottore o un idraulico; una figura rispettata e valorizzata. È una categoria che vive momenti di entusiasmo e di crisi, ma soprattutto – come tutte le attività – si svolge regolarmente retribuita e si fa di tutto per salvaguardarla e stimolarne la crescita e la diffusione. Negli altri stati, se qualcuno ti chiede cosa fai e tu rispondi «Suono», nessuno preciserà: «Volevo sapere cosa fai di mestiere»… Suonare è un’attività che presuppone studio, preparazione, fatica, lavoro e non può essere relegata a semplice ‘passione’. E, come sempre, non può essere accompagnata dallo squallido: «Ma intanto ti diverti e dovrei pure pagarti?»
Un popolo come il nostro, che ha costruito la propria immagine sull’arte e la cultura, non può permettersi di considerare un musicista come un bambino infatuato dal suo passatempo, ma deve valutarlo per la sua storia, il suo passato, il suo futuro. Questo è un discorso lungo, che forse sta stretto in un editoriale, e merita più pagine e una lunga riflessione. Ma visto che ci incontreremo tutti a Sarzana, e in questo numero si è parlato di condivisione, ecco un argomento che potrà arricchire le nostre serate musicali. Meditate gente, meditate.
Buon fingerpicking!
Reno Brandoni