In questo periodo il nome Francesco ha raggiunto le sue vette di popolarità. L’elezione del nuovo Papa ha dato una prima svolta a un mondo che sembrava non dovesse evolversi e che, invece, nella speranza dell’umiltà ha trovato forza ed entusiasmo per rigenerarsi. Anche questo fa parte della nostra quotidianità. Indipendentemente dalla nostra fede, dal nostro ateismo o dalla nostra indifferenza, la figura di un nuovo pontefice, così fortemente carismatico, influisce sui destini del nostro presente e ci fa riflettere, fuori dalla bagarre politica, sull’importanza dell’uomo quale che sia il suo ruolo e il suo destino.
Viviamo di musica, e così come molti tifosi di calcio saranno stati contenti di sapere della passione sportiva del nuovo Papa Francesco, personalmente mi ha entusiasma di più la sua passione per il tango (ma non era il ballo dell’ardente passione erotica? Francesco mi sta già simpatico…).
Cercando su Google le parole ‘Papa’ e ‘musica’, ecco che esce fuori un articolo pubblicato su la Repubblica del 7 marzo 2007, di cui non avevo avuto notizia, dal titolo “Ratzinger – Quando dissi a Wojtyla non andare al concerto di Bob Dylan”. Scriveva Orazio La Rocca: «Su Bob Dylan, Giovanni Paolo II e Joseph Ratzinger erano in sostanziale disaccordo. Ma forse solo su Dylan. Il cardinale, all’epoca prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, non voleva che il cantautore USA si esibisse davanti a Wojtyla al Congresso eucaristico di Bologna del 1997. Giovanni Paolo II, però, non lo ascoltò e Dylan, insieme ad Adriano Celentano e ad altre pop star, cantò».
Aggiungo a questo che proprio in quell’occasione Wojtyla citò nella sua omelia le parole di “Blowin’ in the Wind”: «Mi chiedi, quante strade deve percorrere un uomo prima di diventare un uomo. Io rispondo: c’è una sola strada per l’uomo, è quella di Gesù Cristo». Ed è forse la prima volta, nella storia, che il rock si presenta così prepotentemente alle ‘porte del Paradiso’.
Nel suo libro Giovanni Paolo II – Il mio amato predecessore del 2007, Benedetto XVI ricorda ancora che «c’era ragione di essere scettici, io lo ero, e in un certo senso lo sono ancora, di dubitare se davvero fosse giusto far intervenire questo genere di ‘profeti’».
Ognuno può esprimere liberamente i propri pensieri e io sono sempre rispettoso delle opinioni altrui. Credo anche che la paura di ‘profeti sbagliati’, la chiesa dovrebbe da tempo averla rimossa: già tanti ‘eretici’ sono stati ‘bruciati’ per paura dei loro pensieri e delle loro idee. Allora, il coraggio di aprirsi, di accettare le diversità, di condividere la propria fede lontano da ogni paura è dentro l’uomo e non dentro il ruolo che spesso gli appartiene! Quante volte abbiamo parlato in queste pagine di condivisione e della gioia di poter usare la nostra musica per comunicare al di fuori di origini, razze e ideali politici.
Lèggere quanto sopra mi fa male, perché mi fa sentire vittima di un sistema e di una dottrina che sceglie, analizza e decide per noi. E allora in me divampa la forza del blues, quella voglia di urlare e di ribellarmi, di far sentire a tutti il ritmo del mio cuore: pur essendo un ‘acustico’, attaccherei il jack della mia Strato ai cento e più watt del mio amplificatore. E con un rullo di tamburi annuncerei l’inizio della mia rivoluzione!
Rientro in me, riaccordo la mia acustica preferita in Sol aperto e suono per sognare e per dimenticare rabbia e delusione. Nell’altra stanza Paolo Bonfanti sta riponendo la sua elettrica nella custodia, dopo dodici ore di sessioni video ‘elettriche’. Forse mi sono lasciato prendere la mano e ora, che sono le due di notte, ritorno col pensiero all’idea di serenità e rispetto che negli anni mi sono costruito. Non posso proprio fare a meno di fare il tifo per il nuovo Papa e il suo tango, sapendo che i suoi passi saranno faticosi e impolverati.
Buonanotte, Francesco.
Reno Brandoni
Chitarra Acustica, 4/2013, p. 5