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Maton Guitars: la nuova distribuzione Backline

Maton Guitars

La nuova distribuzione Backline

 

di Reno Brandoni

Nel momento in cui la figura del distributore sembrava spazzata via dall’efficienza della rete logistica e dai grandi colossi delle vendite online, eccola invece riconfermarsi indispensabile e imprescindibile nel suo ruolo.

Lo strumento musicale non può essere considerato alla stregua di altri prodotti consumer: necessita di esperienza, di un servizio di pre e post vendita, di una assistenza tempestiva e accurata. La superficialità dei molti che individuano nel distributore un ‘passaggio inutile’, ancora una volta dimostra la difficoltà del discernimento, a favore di una estrema semplificazione. Accedere a risorse competenti risulta indispensabile per utilizzare al meglio gli ‘attrezzi’ del musicista. Pensate al manico delle chitarre e alla larghezza dello stesso al capotasto: si passa dai 43 mm ai 47 mm, dove lo scarto di 1 mm può modificare totalmente l’assetto della mano, inficiando o migliorando la modalità d’esecuzione. È una variabile troppo delicata e sensibile per accettare di acquisirla semplicemente leggendo le caratteristiche online. La prova sul campo, l’accesso a informazioni specifiche e dirette diventa indispensabile, tranne che lo strumento non sia un pezzo da collezione e serva solo a impolverarsi durante l’esposizione in salotto.

Tra i vari distributori che ho incontrato durante la mia carriera musicale, Backline ha saputo darmi quella tranquillità e sicurezza indispensabili per la mia attività musicale. Utilizzo un pedalino della Strymon, il Big Sky, e durante un concerto avevo subìto un danno al potenziometro, che rendeva l’apparato inutilizzabile. Ho scritto prontamente alla casa madre americana sperando in un aiuto. Il contatto con il distributore nazionale, per l’appunto Backline, è stato immediato. Nel giro di 48 ore ho ricevuto i componenti necessari per provvedere alla riparazione. Questa non ha avuto l’esito sperato, probabilmente per una mia non oculata scelta del tecnico riparatore. Ho richiamato Backline, che all’istante mi ha messo in contatto con un suo tecnico di fiducia, inviandogli i componenti necessari alla definitiva e ottimale riparazione. Questo è ciò che intendo per supporto ed efficienza!

Quest’anno, inoltre, la notizia che Maton fosse di nuovo distribuita sul nostro territorio proprio da Backline, ha accentuato la mia attenzione e la mia ammirazione verso questo distributore. Maton era stato uno dei primi marchi a tentare una distribuzione ‘diretta’ sul nostro territorio. Il ritorno a un rapporto di distribuzione ufficiale, in virtù delle cose appena descritte, non può che essere accolto con grande interesse, ma anche curiosità, visto il percorso distintivo di questo brand, che sempre di più si sta rivelando uno dei più presenti ‘sul palco’. Ecco emergere allora il desiderio di saperne di più: qualche domanda a entrambi i protagonisti, Backline e Maton, spero ci aiuti a capire e apprezzare meglio il lavoro di seri professionisti.

 Backline, l’azienda: Stefano Bonaretti

Backline è un nome storico nella distribuzione italiana degli strumenti musicali; ci piacerebbe conoscere un po’ di più della vostra storia: com’è sorta per voi l’idea della distribuzione e quali sono stati i primi marchi che hanno permesso la vostra nascita e la vostra crescita?

Backline nasce da Produx Srl, prima azienda di distribuzione di strumenti musicali made in USA d’alta fascia, fondata da me nel 1985, ai tempi in cui da musicista e produttore mi alternavo tra Milano, New York e Los Angeles. Ho iniziato per gioco, portando in Italia strumenti musicali di difficile reperibilità per amici musicisti e produttori, ma non era una vera e propria attività. Erano gli inizi dei sistemi di campionamento, e tutti cercavano l’Emulator e la Drumulator, che negli USA costavano un terzo di quanto costavano in Italia. Poi, ad un party a Los Angeles a casa di Jack Cassidy, mitico bassista della West Coast californiana, conobbi Steve Rabe, fondatore di SWR Amplification, il quale mi chiese se conoscevo qualcuno in Europa per diffondere il marchio SWR, che lui aveva appena creato e che già era stato adottato da Marcus Miller. Mi proposi io come ambassador del brand e ho iniziato così, importando il marchio in Italia e diffondendolo tra amici e conoscenti musicisti. Grazie alla qualità del prodotto e all’attività di comunicazione, SWR divenne in poco tempo il marchio più importante di amplificazione per basso degli anni ’80, oltrepassando la fama di Trace Elliot e Ampeg, marchi affermati in quel periodo. Da lì fondai appunto Produx Srl come entità distributiva, prevalentemente scegliendo nella cerchia delle conoscenze di Steve Rabe prodotti di qualità al top, come Ken Smith Basses, Groove Tubes e altri.

Produx entrò poi a far parte del gruppo europeo Guillard Musique, cambiando il nome in Backline e mantenendo inalterato il proprio staff – che, sono orgoglioso di dire, mi accompagna ormai da trent’anni – e i marchi distribuiti, per diventare poi realtà separata e a sé stante nel 1996: la scelta di base di trattare solo prodotti di alta qualità faceva fatica a convivere con logiche di distribuzione massificate.

Quali sono le qualità che deve avere un buon distributore?

In primis l’occhio e l’orecchio: il prodotto deve suonare, essere realizzato al meglio e avere caratteristiche di innovazione uniche e precise. Un buon distributore deve anche avere una certa ‘intuizione’, ovvero la capacità di capire se il marchio che intende distribuire abbia la possibilità di svilupparsi, crescere e affermarsi grazie alla sua qualità ed una precisa identità progettuale.

Quanto è importante il servizio di prevendita, postvendita e assistenza tecnica? Voi come siete organizzati al riguardo?

Decisamente importante è l’aspetto della prevendita: il distributore è un brand ambassador, che deve essere capace di trasferire all’utenza potenziale tutto l’immaginario del marchio. Non solo da un punto di vista commerciale: deve essere in grado di trasmettere ai possibili clienti la stessa passione che anima lo spirito del marchio. Il servizio di postvendita, sia inteso come supporto che come vera e propria assistenza tecnica, è estremamente importante: noi operiamo sia con una struttura interna – abbiamo un liutaio in sede e un esperto tecnico – che con laboratori terzi sul territorio nazionale. Gestiamo anche direttamente tantissimi rapporti con i musicisti finali, per non perdere il contatto con il mondo reale di chi suona e produce.

Quali sono i criteri adottati per la scelta di un marchio da distribuire?

Qualità in primis e visione imprenditoriale a lungo termine del fondatore; progettisti visionari o, nel caso di strumenti tradizionali, staff tecnici di professionisti altamente qualificati e motivati in primo luogo dalla passione: è il caso di Suhr Guitars, dove l’ultimo degli addetti è comunque un liutaio con i fiocchi estremamente appassionato. Nello specifico, grazie alla mia passione per il suono di qualità, prediligo comunque produzioni boutique rispetto a marchi che producono in larga scala in paesi terzi. In questo sono stato segnato sicuramente da venticinque anni di esperienza di distribuzione con il marchio Taylor Guitars.

Sono importanti le fiere internazionali per trovare nuove idee e opportunità?

Non più. Sono più importanti i contatti personali e il passaparola tra gli appassionati del settore.

Qual è l’iniziativa che vi ha dato maggiore soddisfazione? Per esempio: l’aver dato fiducia a un prodotto nuovo o l’aver creduto in un particolare brand…

Mooer, la prima scommessa di Backline su un prodotto made in China, nato dall’idea di un giovanissimo ingegnere cinese che incontrai un giorno: aveva tre micropedalini per chitarra in mano, e cercava qualcuno che credesse nel suo progetto industriale. Mi colpì il fatto che fosse così giovane e avesse una grande visione. Ora Mooer è diventata leader mondiale negli effetti a pedale e una delle aziende più avanzate nel campo della ricerca e progettazione nel digitale. L’azienda conta adesso su un team di 35 ingegneri tutti giovanissimi e produce e progetta a ritmo continuo.

La distribuzione di Maton è stata una gradita sorpresa. Questo marchio era stato il primo a rinunciare a una distribuzione convenzionale, per andare ‘in diretta’ sui negozi. Questo cambio di rotta fa pensare che la strada intrapresa forse non era delle più giuste. Quali sono stati i punti di forza che hanno convinto Maton a ritornare a una distribuzione tradizionale?

Nei venticinque anni in cui ho seguito la distribuzione di Taylor Guitars, abbiamo ottenuto risultati sorprendenti per la dimensione del nostro mercato. E quando Taylor ha optato per una sede europea con distribuzione diretta, noi siamo rimasti a controllare – unici in Europa – il mercato italiano per altri dieci anni. Poi, seppure a malincuore, di comune accordo abbiamo deciso che fosse meglio per Taylor uniformare l’Italia al resto d’Europa.

Da allora ho cercato un brand che potesse offrirmi le stesse caratteristiche di altissima qualità, consistenza e storicità; e ho approcciato Maton con la mia storia. Ci è voluto un po’ di tempo per convincerli, ma la nostra capacità di curare al meglio prodotti di alta fascia boutique oriented ci ha permesso di fornire a Maton un programma reale di sviluppo, di cui sono rimasti affascinati; non tanto per i numeri –sui quali peraltro non basiamo mai il nostro lavoro – ma per la tipologia e il sistema che avremmo applicato: un sistema come sempre motivato dalla passione per la qualità.

Abbiamo già raddoppiato i risultati della distribuzione diretta e continuato il lavoro d’affermazione del brand, che è tra l’altro estremamente attivo nella propria promozione.

Come vi difendete dall’idea della distribuzione diretta, che vede in Internet il maggiore e più importante canale distributivo? Quali sono gli argomenti che utilizzate per dare maggior credito alla vostra impresa?

Non siamo intimoriti o spaventati da quella che sembra essere la tendenza del momento. Crediamo che la territorialità ‘fisica’ vada difesa, perché essenziale nel rapporto strumento di qualità/musicista. Se io spendo 3000 euro per una chitarra, voglio provarla e confrontarla con altre per capire e apprezzare cosa sto comprando, perché niente può sostituirsi al fatto di imbracciare personalmente uno strumento e suonarlo. Su Internet tutto è piatto: posso fare una bella registrazione di uno strumento scarso, e posso fare delle foto stupende usando Photoshop, per mettere in evidenza striature di una tavola armonica di media qualità… La funzione del distributore è forse, principalmente, quella di assicurarsi che sul territorio il marchio possa trovare la possibilità di esprimere le proprie potenzialità e trasferire in termini di comunicazione tutto l’immaginario del marchio e la visione del creatore dello stesso. La distribuzione diretta invece tende ad appiattire qualsiasi rapporto passionale e personale con il prodotto. Il coinvolgimento con il rivenditore è pressoché solo commerciale, e la comunicazione diventa massificata e poco elastica rispetto alle esigenze delle singole realtà territoriali. Può forse funzionare per marchi a produzione di massa, ma anche in questo caso non credo che i risultati siano poi così diversi. Io ritengo che il nostro sia un mercato di nicchia e che, per mantenersi e reggere il confronto con tutto il resto, debba necessariamente preservare passionalità e rapporti personali. Tanto i cosiddetti ‘grandi numeri’ il nostro settore non li farà mai…

Uno sguardo sul futuro: qualche anticipazione?

Nulla di specifico, se non un’idea su cui stiamo lavorando da qualche mese, per offrire una sempre più completa esperienza a chi apprezza l’eccellenza dei prodotti da noi selezionati, costruiti con dedizione e passione. Ma siamo ancora in alto mare, per cui inutile fare anticipazioni ora!

Backline, il reparto commerciale: Andrea Brusadelli

Ciao Andrea, mi fa piacere incontrarti per questa intervista. Sono parecchi anni che lavori per Backline, evidentemente si è creato un buon feeling tra te e il distributore. Ci vuoi raccontare i tuoi esordi e un po’ della tua storia?

Nella mia famiglia sono un po’ tutti musicisti: a parte mia madre, che ha comunque studiato un po’ di pianoforte da ragazza, mio padre ha studiato e suona la fisarmonica oltre a strimpellare il piano, mentre mia sorella è arrivata fino a dare il terzo anno di pianoforte in conservatorio. Così quando a dieci anni, dopo una prima esperienza ‘giocosa’ con una tastierina elettronica regalatami da mio zio, manifestai il desiderio di suonare più seriamente, e nello specifico il violino, la zia di mia nonna –che era stata prima arpa alla Scala di Milano e aveva suonato con Toscanini – non perse tempo e me ne regalò uno dei suoi. In quattro e quattr’otto mi ritrovai allora a lezione da un insegnante privato e, dopo un anno, iscritto alla Civica Scuola di Musica ‘Claudio Abbado’ di Villa Simonetta a Milano, dove studiai fino ai tredici anni. Ahimé, però, il violino non era abbastanza rock’n’roll per me, e fu così che al liceo – dopo un anno di pausa musicale – passai alla chitarra, ispirato dal classico ragazzo più grande di me con chiodo e capelli lunghi; e da allora non l’ho mai più lasciata. Lasciai quindi l’università e gli studi di economia per dedicarmi alla chitarra, e  dopo aver preso due diplomi al CPM di Milano, nei corsi professionali ‘Base’ e ‘Avanzato’, aver vinto una borsa di studio e aver anche studiato al fu AIM, l’American Institute of Music di Vienna, mi sono dedicato alla professione, che oltre al classico suonare in giro e registrare in studio – quest’ultima esperienza purtroppo diminuì poi molto a causa dell’avvento dell’MP3, nella metà degli anni ’90 – mi fece appassionare da subito a due mondi: il professionale e la didattica. Difatti, tra i ‘traguardi’ raggiunti che mi piace ricordare, oltre alle varie esperienze dal vivo, in studio e in televisione, ci sono i dieci anni come dimostratore Roland e Boss presso tutte le più importanti fiere italiane, l’attività di giornalista recensore e didatta per la rivista SM Strumenti Musicali, e la cattedra d’insegnamento per i corsi di fraseggio e di lettura presso lo stesso CPM. Ancora oggi ho un giorno dedicato all’insegnamento, mia grande passione, che svolgo all’Audioshop di Pavia, scuola in cui insegno dal lontano 1996.

Quando, a metà circa del 2007, le esigenze personali e familiari non si conciliarono più con la classica vita del musicista on the road, decisi di fermarmi e approdai in Backline, che ha fatto sì che ‘il cerchio si chiudesse’, unendo a tutto tondo la mia esperienza di musicista, dimostratore, giornalista con studi in economia… Sicuramente posso dire ora che è stata una scelta molto felice, che mi ripaga della piccola sofferenza di non essere 24 ore su 24 con la chitarra in mano. In tutto questo Backline è diventata come la mia seconda famiglia. Per il resto, continuo la mia carriera ‘artistica’ portando finalmente in giro un progetto a mio nome e all’insegna della musica che ho sempre amato profondamente, il blues: il progetto si chiama Brus & the Bagai, e spero vivamente di riuscire a pubblicare il nostro primo disco entro la fine dell’anno.

Credo che il 2020 sia stato negli ultimi tempi uno dei periodi più problematici per le attività al dettaglio. Un distributore ha proprio nei rivenditori il suo punto di forza: come avete vissuto commercialmente questo momento?

Sicuramente un anno particolare sotto ogni aspetto. Il periodo più difficile dal punto di vista commerciale è stato quello corrispondente al primo lockdown di marzo 2020, quando la pandemia era appena esplosa e non si aveva certezza di niente, né delle consegne dei nostri ordini da parte dei fornitori, né dell’apertura da parte dei nostri rivenditori: un periodo in cui dovemmo decidere se e cosa importare e in che quantità. Per fortuna questa fase si è chiarita abbastanza velocemente. Per noi è stata sicuramente l’occasione per lavorare ancor più a stretto contatto con i nostri marchi e soprattutto con i nostri centri, che consideriamo dei veri e propri partner più che dei clienti. Per la tipologia di produzione dei marchi che importiamo – ad esempio la produzione orientale a cinque-sei mesi o la boutique made in USA che spesso va addirittura a un anno – la programmazione dei rivenditori, e quindi nostra, è una parte fondamentale del nostro operato. E la pandemia l’ha fatta diventare ancor più importante, direi vitale se possibile. È stato quindi importantissimo, dal punto di vista commerciale, gestire i vari cambiamenti delle tempistiche di consegna e seguire le varie esigenze dei nostri rivenditori, ma anche dell’utenza finale, in maniera fattiva e puntuale, dando più informazioni e supporto possibili. Per fortuna siamo riusciti nei nostri intenti!

La gente, istintivamente, era allora più portata ad acquistare online che direttamente in negozio. Questo ha cambiato in qualche modo la vostra attività e l’equilibrio delle vendite?

Come distributori, noi crediamo fermamente nell’acquisto in negozio, che regala un’esperienza e un confronto più completi e soddisfacenti per l’utente finale. Abbiamo quindi cercato di ‘traslare’ almeno in parte quest’esperienza sull’online, per quanto possibile, aumentando i contenuti video, di immagine e descrizione dei prodotti, oltre chiaramente al supporto telefonico o via email e social. Inoltre, abbiamo ulteriormente supportato i rivenditori occupandoci, quando richiesto, della spedizione diretta all’utente finale senza passare dal negozio, così da accorciare i tempi di consegna. Dal punto di vista dell’equilibrio delle vendite, i grandi rivenditori strutturati per l’online hanno avuto un grosso riscontro e hanno quindi bilanciato le perdite di quelli che non erano preparati ad affrontare una situazione simile. Devo dire che, rispetto al resto d’Europa, in Italia ancora molti negozi erano indietro riguardo alle vendite online e alcuni, anche molto conosciuti e dall’ottimo servizio ‘fisico’, si sono trovati all’improvviso in questa situazione senza esserne preparati. Inoltre, quelli in località più di provincia sono stati ulteriormente rallentati dalle varie zone gialle, rosse e così via. La nota positiva è che tutti i negozi italiani si trovano ora molto più forti nel commercio online, rispetto a quando questa situazione era incominciata!

Com’è organizzata la vostra rete commerciale?

In maniera abbastanza semplice, con una classica rete di agenti che segue i vari centri sul territorio. L’agente fa le veci dell’azienda, fornendo supporto sia tecnico che commerciale, presentando al meglio il catalogo Backline e permettendo al negozio di selezionare i marchi più adatti in base alla propria tipologia e alla propria clientela.

L’ingresso di Maton nel vostro catalogo ha ribaltato una tendenza, quella della distribuzione diretta. È stato un vostro successo di trattativa o una scelta inevitabile?

Come già suggerito dal nostro titolare Stefano, il distributore – o almeno il distributore ideale – permette al marchio di esprimere al meglio le proprie potenzialità sul territorio. In questo senso la conoscenza del proprio mercato, degli artisti e dei rapporti commerciali con i negozi offre al marchio, tramite il distributore, delle opportunità che non sempre si realizzano con la distribuzione diretta, o che per lo meno richiedono tempi, costi e investimenti spesso non percorribili. Sicuramente il nostro approccio, focalizzato sul prodotto e sulla qualità, sul supporto ai rivenditori e all’utenza finale, ha convinto Maton che Backline fosse il partner ideale per il territorio italiano. E i risultati di questi primi mesi sono davvero incoraggianti!

Tutto il vostro catalogo è prestigioso, ma quali sono i marchi su cui puntate particolarmente? O meglio, quali sono quelli che hanno una maggiore diffusione e popolarità?

Non vorrei sembrare troppo ‘politicamente corretto’, ma in realtà puntiamo su tutti i marchi: ognuno di essi, prima di entrare nel nostro catalogo, è stato attentamente analizzato e selezionato, e ci ha convinto sotto ogni aspetto. Riteniamo quindi che ognuno dei nostri marchi abbia grandi potenzialità da sviluppare nel mercato italiano, in relazione al segmento e all’utenza a cui è indirizzato. Se vogliamo poi citare i marchi che in questo periodo ci stanno dando grande soddisfazione, allora non si possono non citare Maton, ovviamente, Suhr ed Heritage per quanto riguarda le chitarre elettriche, Strymon e Mooer per l’effettistica, Lakland per i bassi e – tra gli ultimi arrivati – Gamechanger Audio, marchio europeo, lettone per la precisione, che realizza prodotti davvero innovativi e sorprendenti!

Molti dicono che questa pandemia ha cambiato per sempre il mercato; molti altri sostengono invece che si tornerà esattamente come prima: qual è la vostra idea?

Be’, prima di dare una risposta definitiva, bisognerebbe poter scrivere la parola fine in merito al Covid-19. In ogni caso, la mia opinione è che sicuramente la pandemia ha cambiato in parte le abitudini di acquisto delle persone, ma ritengo che chi si trovava bene ad acquistare in negozio difficilmente continuerà ad acquistare online, o per lo meno non esclusivamente. La riprova si è avuta nei periodi in cui le zone gialle o rosse sono state sospese, e i negozi hanno avuto la possibilità di ricevere gli acquirenti: tante persone sono tornate ad acquistare nel proprio negozio di fiducia. Inoltre, una delle poche cose positive della pandemia è che molte persone – annoiate dallo smart working o dal lockdow – hanno iniziato o ricominciato a suonare uno strumento, portando di fatto nuova linfa al mercato.

La sfida del nostro mercato è sicuramente quella di fornire competenza, professionalità, selezione dei prodotti al pari dei competitor europei, convincendo i dubbiosi che comprare in Italia – dal proprio negozio di fiducia – è bello!

Immaginiamo che devo comprare una chitarra nuova per il fingerpicking, e vedo il catalogo Maton sempre più ricco di novità: ce le potete raccontare o anticipare?

Maton è stata inizialmente un’azienda molto colpita dalla pandemia: per più di quattro mesi, nel 2020, è stata infatti completamente chiusa con produzione ferma. Di conseguenza i mesi iniziali della nostra distribuzione vedevano un catalogo Maton ridotto all’essenziale: solo i prodotti più richiesti e nessuna novità, proprio per cercare di far ripartire tutta la filiera senza alcuna dispersione. Ora che la situazione in Australia e nel resto del mondo è nettamente migliorata, la Maton ha ripreso la produzione completa ed è iniziato un periodo davvero stimolante! A parte le novità appena introdotte, come la Joe Robinson Signature o la 75th Anniversary, credo che entro la fine dell’anno vedremo la EBG808, la Performer, la Jumbo, la S60… e chissà quali altre novità!

A costo di sembrare ripetitivo e monocorde, vorrei dare un suggerimento a tutti i lettori di Chitarra Acustica: il nostro strumento è tra quelli che più cambiano suono in base all’utilizzo di legni diversi, diverse dimensioni della cassa, eccetera: ogni particolare rende ogni strumento unico. Inoltre, le essenze australiane hanno dei timbri difficilmente riconducibili a qualcosa di già sentito: vanno ascoltate dal vivo. Quindi, prendetevi del tempo per il vostro acquisto, non lo fate tramite il freddo monitor di un computer, ma recatevi in un Centro Maton italiano e divertitevi a provare tanti strumenti, a sentire legni e vibrazioni diverse, fino a quando non trovate quello che fa per voi!

A presto, alla prossima fiera… speriamo!

Speriamo davvero! Un caro saluto a tutti i lettori.

 Maton Guitars

 All’inizio… la Maton era identificata con Tommy Emmanuel! Oggi il catalogo Maton si è evoluto, soprattutto grazie al sistema di amplificazione che è sempre più performante, fornendo un grande aiuto ai musicisti sul palco. Ci raccontate un po’ di storia, da quel primo modello TE ad oggi?

Maton costruisce strumenti musicali di altissima qualità, realizzati a mano a Melbourne dal 1946. L’insegnante, musicista, visionario e pioniere Bill May ha fondato l’azienda pensando che i legni autoctoni dell’Australia fossero in grado di rivaleggiare con il tono e la qualità dei noti marchi americani, e creare una voce australiana unica. Bill May è considerato da molti liutai australiani il padre fondatore della loro industria.

L’azienda è cresciuta fino a diventare il produttore di strumenti di maggior successo nella storia dell’Australia. Le chitarre Maton non sono solo molto apprezzate in Australia, ma in tutto il mondo, con mercati di esportazione in continua crescita in Cina, Stati Uniti, Europa, Giappone e Russia. Maton è una storia di successo australiana raccontata in tutto il mondo. Le prime band che hanno suonato strumenti Maton erano le più famose al mondo ai loro tempi: band come i Seekers, i Beatles, i Rolling Stones; anche Elvis ha suonato una chitarra Maton nel film Jailhouse Rock. La prima Maton di Tommy Emmanuel gli è stata acquistata da suo padre nei primi anni ’60 per suonarla nella band di famiglia. Il primo modello signature di Tommy è stato lanciato nel 1986, la famosa ‘Mouse’ è seguita nel 1994, e la sempre popolare EBG808TE è arrivata nel 1999. La storia della Maton e dei musicisti che hanno condiviso il nostro viaggio è l’argomento di The Music That Maton Made, un libro che è stato pubblicato per celebrare il nostro 70° anniversario, e di Maton 46, il magazine della casa che abbiamo iniziato a pubblicare quest’anno per celebrare i 75 anni dalla nostra fondazione.

Le chitarre Maton hanno un eccellente manico e una suonabilità incredibile, ma il punto di forza del marchio – secondo me – sta nel sistema di amplificazione e nella qualità del suono on stage. Avete sempre migliorato qualitativamente il vostro prodotto, tant’è che le vostre chitarre sono quelle più utilizzate sui palchi italiani. Molti sono i chitarristi che preferiscono le Maton: si attacca il jack, non danno problemi e hanno un ottimo suono. Questo vi sta facendo crescere in maniera molto interessante, acquisendo uno specifico segmento di mercato. Prima era solo quello dei fingerpickerinnamorati di Tommy Emmanuel, oggi è quello dei molti professionisti o cantautori che cercano stabilità e qualità nello strumento. Il tutto non sembra così casuale. La vostra ricerca e sviluppo suscita costante interesse da parte dei professionisti, ma anche da parte degli appassionati. In questo siete all’avanguardia: potete spiegarci come siete organizzati, come sviluppate le nuove idee e come progettate i nuovi modelli?

Alla Maton cerchiamo continuamente di migliorare i nostri processi, le prestazioni e l’attrattiva delle nostre chitarre, e la sostenibilità dei nostri strumenti. Il focus del nostro programma di ricerca e sviluppo è equamente diviso tra tutte e tre queste aree.

In termini di processi, ci concentriamo sul miglioramento della qualità del nostro lavoro e sulla consistenza del nostro prodotto. Siamo meno interessati a fare le cose velocemente, invece ci concentriamo sul fare le cose correttamente. Riteniamo che questo si manifesti nella qualità dei nostri strumenti finiti.

In termini di prestazione delle nostre chitarre, mettiamo continuamente a punto la gestione dei nostri materiali, in particolare per l’essiccazione e la stabilizzazione del legno, e cerchiamo di migliorare le prestazioni tonali dei nostri strumenti attraverso la sperimentazione di modelli di catenature, la selezione dei legni e le finiture. Abbiamo anche dedicato molto tempo all’amplificazione della chitarra acustica, per la quale il più recente contributo è il sistema di pickup AP5 Pro. Questo è un campo in continua evoluzione, dove dobbiamo essere in costante sviluppo.

L’area della sostenibilità sta diventando sempre più importante e abbiamo una lunga storia di ricerca di materiali sostenibili nella costruzione delle nostre chitarre. Abbiamo un buon accesso a legni sostenibili come il blackwood, l’acero del Queensland e il Bunya, e li usiamo quotidianamente. Siamo anche coinvolti in esperimenti su opzioni di legno sostenibile meno conosciute e in partnership con vari dipartimenti di ricerca universitari. Questo lavoro è nelle sue fasi iniziali, ma siamo fiduciosi che introdurrà nell’industria manifatturiera delle chitarre delle specie di legno più sostenibili.

Le nuove idee e design di prodotti sono generati da una varietà di sorgenti. Alcuni sono felici ‘incidenti’, il risultato di processi resi possibili da una nuova tecnologia, per esempio la lavorazione CNC a 5 assi. Altre idee sono generate in risposta alle richieste degli artisti, come i controlli indipendenti del volume del piezo e del microfono nell’AP5 Pro, e altre ancora sono generate al nostro interno dal fatto che siamo tutti appassionati liutai e musicisti pieni di idee che vorremmo sperimentare. Siamo fortunati ad avere un Custom Shop dove possiamo provare idee senza influenzare il nostro impianto di produzione.

Una volta concepito, ogni nuovo modello viene progettato in CAD, quindi vengono realizzati e testati i prototipi. Una volta soddisfatti dei risultati, iniziamo il lungo processo di trasformazione del prototipo in un modello in produzione. Ciò comporta la progettazione e la creazione di utensili, programmi CNC, SOP per i processi di produzione, infrastrutture per supportare la produzione del modello, e formazione del personale in tutti i suoi aspetti particolari. Implica anche l’identificazione e la salvaguardia delle parti della catena di approvvigionamento e di qualsiasi variazione di finitura o colore che dovrebbe far parte del nuovo design.

La realtà è che la maggior parte del lavoro di progettazione e lancio di un nuovo modello inizia dopo il completamento del progetto iniziale. Di solito occorrono dodici mesi o più per portare un nuovo modello sul mercato e, in ogni fase, di solito ci sono problemi imprevisti che devono essere risolti prima che il modello possa passare alla produzione. Nonostante tutto questo, niente è così eccitante come progettare e distribuire un nuovo modello, e l’intera azienda aspetta sempre con impazienza l’uscita del prossimo…

Ho sempre avuto l’idea che la chitarra Maton fosse uno strumento ‘da suonare’, e non da ‘conservare’ o ammirare. Quindi, non un oggetto da collezione, ma uno strumento professionale: condividete questa visione?

Le chitarre Maton sono prodotte con l’obiettivo sfidante di essere suonate: costruiamo i nostri strumenti per assicurarci che soddisfino i requisiti dei musicisti professionisti di maggior successo al mondo. Le Maton fanno parte della strumentazione per le tournée di gruppi come gli Offspring, i Jimmy Eat World, gli Hives, di artisti come Adele, John Butler, Colin Hay, Phil Palmer e ovviamente Tommy Emmanuel. Hanno davvero un fascino che attraversa i confini, i generi e gli stili musicali. Questo riguarda la qualità dello strumento e la versatilità e l’affidabilità del pickup AP5 Pro che abbiamo progettato in casa.

Il nostro Paese ha sempre manifestato curiosità e interesse per i vostri strumenti, anche se era un po’ svantaggiato per via della mancanza di un distributore. Oggi, grazie a Backline, siete massicciamente presenti sul territorio nazionale. Abbiamo ricevuto parecchi strumenti da provare e siamo in grado di conoscere meglio il vostro catalogo. Cosa ne pensate del nostro mercato?

Amiamo la passione che c’è in Italia per le nostre chitarre. La relazione è stata iniziata nel 1999 da un gentiluomo che si chiamava Alan Samin. La popolarità di Tommy è stata vitale, e anche quella di altri artisti come Phil Palmer. Phil ha suonato per i Dire Straits, Eric Clapton, George Michael e molti altri; ed è un inglese che ora vive in Italia. Non vediamo l’ora di crescere con Backline e condividere maggiormente la nostra attività con i musicisti di tutta Italia. Riteniamo che i nostri strumenti e il nostro partner della distribuzione siano i migliori di sempre, quindi non vediamo l’ora che arrivino grandi momenti.

Reno Brandoni

 

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