È online il numero 09/2015 di Chitarra Acustica, di cui potete leggere l’editoriale di presentazione e che potete sfogliare, scaricare o richiedere nella sua versione cartacea su chitarra-acustica.net o nei migliori negozi di strumenti musicali.
Le sei (o sette) corde dell’arcobaleno
Guardo il contachilometri, quasi non posso crederci: i chilometri sono tanti e sono quelli percorsi in questa estate dall’asfalto bollente e dai festival infiniti. Uno per ogni weekend. Uno per ogni sogno svelato, per ogni successo sperato, per l’impegno speso e la fatica mai risparmiata. Tanti festival costruiti con entusiasmo e passione, piccole cose dalle grandi emozioni. Uno per ogni dita della mano, per ogni corda di chitarra e per ogni nota suonata. Questa è la nostra gente, quella da difendere: piccoli impavidi sognatori che danno spazio e vita al nostro amore per la chitarra. Quale il più bravo, quale il più bello? Tutti, perché l’amore non può essere misurato.
Ho una pausa di qualche giorno e fuggo al mare. La macchina è ancora carica e decido di lasciarla così: libri, amplificatori e chitarre si sovrappongono a bagagli e indumenti, costumi e ciabatte. Le chitarre… quelle alla fine decido di portarle in camera, troppo caldo anche per loro.
Di solito adoro navigare, nascondendomi in qualche caletta per farmi bruciare dal sole, piangere per le spalle roventi e dormire come sdraiato sui carboni ardenti. Masochismo puro. Mia moglie mi insegue con le sue creme protettive, ma fuggo desideroso di sentirmi il sole addosso e la pelle secca. Fa male, lo so, ma cerco di dimenticarlo. Altre volte mi abbandono sulla spiaggia, cerco un ombrellone e un lettino. Mi dimentico della forza di gravità, lasciandomi sospendere dalla tela plasticosa del mio giaciglio a dieci centimetri dalla sabbia cocente. Chiudo gli occhi e mi addormento. E allora possono succedere solo tre cose.
Primo: il silenzio assoluto interrotto dalla risacca delle onde! Evento rarissimo in quanto – se scegli una bella spiaggia, e di solito così desidero che sia – sicuramente sarà frequentata da altri bagnanti; e si sa che difficilmente qualcuno di loro non verrà catturato dal desiderio di una bella partita a ‘racchettoni’, guarda caso giusto di fronte al tuo domicilio temporaneo.
Secondo: il leggero vociare dei bambini si sovrappone al lieve rumore del mare. Evento molto comune, accompagnato di solito da genitori impazienti di mostrare ai propri figli la loro abilità nella creazione di castelli di sabbia; alcuni così enormi, che spesso tirano a sé una multa per mancanza di concessione edilizia. Non è tanto la costruzione che preoccupa, ma quel dannato momento in cui il genitore, a opera ultimata e per cancellare ogni traccia della sua imperizia, ordina al figlio e agli altri circa trecento appartenenti alla ‘giovanile’ della setta-dei-devastatori-del-corpo-dei-marines, di distruggere la sua opera. Allora ecco che l’uragano si abbatterà sulla costa del tuo limpido mare, e schizzi di sabbia colpiranno chiunque si trovi ad almeno un chilometro dall’edificio in via di demolizione.
Onde evitare i primi due punti solitamente ‘scarpino’, a causa della fatica necessaria per raggiungere un’area solitaria, il più distante possibile dalla bufera balneare. Sistemo il lettino e l’ombrellone in un posto apparentemente deserto, dove solo un ragazzo e la sua ragazza – convinti di godere del dono dell’invisibilità – si scambiano compiaciuti effusioni ardimentose. Confortato dal coinvolgimento di entrambi, penso abbiano di meglio da fare che dare fastidio a me e, tranquillizzato da tale pensiero, provo ad addormentarmi.
Ma ecco scattare il possibile terzo e ultimo malaugurato evento: il ragazzo in evidente stato ‘euforico’ – credo (spero!) determinato dalle abili manipolazioni della sua compagna – mi squadra con attenzione e con voce ammirata pronuncia il mio nome. Mi aveva visto in concerto qualche giorno prima e da pochi mesi suona la chitarra. Mi saluta e, ringraziando il destino per la splendita opportunità, mi chiede se può farmi qualche domanda. Vista la mia paziente disponibilità, inizia così nell’ordine: qual è la giusta misura delle corde, quale marca uso, unghie lunghe perché sì perché no, suo cugino dice che è meglio di sì («Interessante» rispondo «ringrazia tuo cugino»), quale forma deve avere la chitarra, cos’è una OM, una dread, perché la classica ha le corde in nylon, ma si possono montare le corde metalliche sulla classica e quelle di nylon sull’acustica… «Certamente sì» rispondo prontamente pensando: «Ma perché non vai a casa e provi…» Intontito e stremato dal bombardamento atomico di domande, non so come liberarmi dall’incubo, quando finalmente lui stesso mi offre la sperata opportunità; mi chiede: «Ma la musica è a colori o in bianco e nero?» Lo guardo con aria sufficiente, come se aspettassi l’astuta domanda, e rispondo: «Dipende dallo strumento, il pianoforte per esempio suona in bianco e nero; non hai visto il colore dei suoi tasti?» Mi guarda dubbioso, non capisce se scherzo o dico sul serio. Così, per ‘sprovarmi’, mi chiede: «E la chitarra?» Rispondo prontamente: «Certamente a colori! Hai in mente i colori dell’arcobaleno? Bene, ogni corda ne rappresenta uno.» Lui si risveglia dal torpore provocato dalla precedente risposta e – per dimostrarmi la sua attenzione quando ormai pensa di aver capito a che gioco sto giocando, o forse solo per far vanto della sua cultura – sorridendo mi corregge dicendomi che ho sbagliato: «I colori dell’arcobaleno sono sette e la chitarra ha solo sei corde.» Il mio sguardo è distratto e con un pizzico di presunzione gli rispondo: «La settima, la più importante, è il ‘tocco’ e sta nascosta nelle tue mani.»
Devo averlo colpito al cuore. Il dialogo finisce qui, ma finiscono anche le effusioni con la sua amata, che intanto ha iniziato ad annodarsi i capelli formando una grande treccia. Il ragazzo si alza e se ne va a passeggiare sul bagnasciuga con la mente persa nei suoi pensieri più profondi. Il mare continua a lambire la riva tracciando un solco sempre più profondo tra me e lui: così, finalmente, chiudo gli occhi e sogno di lasciarmi scivolare nel profondo del blu.
Buon fingerpicking!
Reno Brandoni