Walter Lupi & Akiko Kozato
Tinsagu
Napulità
www.walterlupi.com
(di Gabriele Longo) – Lui, raffinato chitarrista di provenienza classica, apprezzato in Italia e all’estero come uno dei maggiori rappresentanti del fingerstyle e del flatfinger. Assiduo ricercatore di un proprio linguaggio stilistico e musicale, si distingue da sempre per la forte impronta lirica, l’abilità esecutiva e una tecnica brillante e rigorosa, sempre al servizio delle proprie composizioni. Lei, affermata cantante lirica giapponese trapiantata in Italia dal 1994, laureata presso la Tokyo National University of Fine Arts and Music e diplomata in canto lirico presso il Conservatorio di musica ‘Lucio Campiani’ di Mantova. Si dedica al repertorio contemporaneo confrontandosi con composizioni di autori come Luciano Berio e Cathy Berberian. È dotata di un timbro vocale molto particolare, e di un’estensione molto ampia e duttile. Lui è Walter Lupi, ben conosciuto ai nostri lettori (vedi Chitarra Acustica, dicembre 2012). Lei è Akiko Kozato. Insieme formano un duo di grande valore artistico, che propone ai propri estimatori due CD molto interessanti.
Il primo, Tinsagu (2015), rivisita con voce e chitarra alcune melodie della tradizione nipponica. Il repertorio è caratterizzato da alcuni tra i più noti canti popolari risalenti all’epoca medioevale fino alla fine del Novecento. Un excursus che inizia da Okinawa, regno del sanshin, la chitarra giapponese, e capitale della musica folklorica delle isole più a sud del Giappone. Attraversa le regioni del centro, luogo di sviluppo della nobiltà intellettuale, che produce un’espressione artistica ricercata nella pittura, nel teatro e nella poesia, e del Bushidō, la vocazione del samurai. Termina a Hokkaidō (letteralmente ‘via per il mare settentrionale’), una delle regioni più aspre e meno popolate a nord dell’arcipelago giapponese, dove nel corso dei secoli minatori e pescatori hanno generato canti e racconti locali a corredo di danze popolari. È questo il nuovo progetto di Walter Lupi che, accompagnato e ispirato dal fascino della radice etnica di queste musiche e dal particolare timbro vocale di Akiko Kozato, ha lasciato libera la propria immaginazione e creatività per intessere armonie occidentali attorno ad antiche e suggestive melodie orientali. Un progetto, quello di Tinsagu (letteralmente ‘balsamina’, nome di una pianta asiatica), nato dall’intento dei due artisti di proporre al pubblico una musica semplice e al tempo stesso ricercata.
Sulla scia di questo progetto e della rielaborazione di musiche provenienti dalla cultura popolare giapponese, Walter e Akiko hanno sentito l’esigenza di esplorare e scoprire quella che in definitiva è considerata in tutto il mondo la musica popolare italiana, vale a dire l’Opera Napoletana. È da questo immenso patrimonio culturale che hanno attinto per rappresentare al meglio la magnificenza della canzone napoletana. Compito particolarmente arduo, dato il poco spazio di un CD, che comunque hanno voluto concepire come ‘contraltare’ a Tinsagu e hanno intitolato Napulita’ (2016). A tale scopo, hanno seguìto la strada più napoletana possible, quella della passione, ossia l’attrazione fino all’innamoramento di quelle musiche e di quelle storie.
Come hanno affermato Walter e Akiko, la canzone napoletana non ammette mezze misure. Per farla propria la devi amare. Questo è stato, come per i canti popolari giapponesi, il metodo di selezione adottato per interpretare con un proprio gusto questi brani, sempre nel rispetto della tradizione con cui, a complemento del primo disco, rappresentare l’espressione più nobile del canto popolare italiano. A un progetto così ambizioso e rigoroso ha dato il suo valido aiuto Roberto de Roberto, napoletano verace e appassionato cultore di svariati stili e generi musicali. Con lui i due musicisti hanno condiviso tutte le fasi della lavorazione del disco, dalla scelta del repertorio alla comprensione dei testi, alla corretta interpretazione della pronuncia della lingua napoletana da parte di Akiko – che se l’è cavata egregiamente – e alle note di copertina. In parole semplici è stato il produttore artistico di questo nuovo disco.
Prima di addentrarci nel merito di Napulita’, vale la pena spendere alcune righe sull’argomento ‘canzone napoletana’, che dell’Opera Napoletana è una costola molto importante. Intanto cominciamo col dire che la canzone napoletana più nota ha due possibili date di nascita: il 1839 con la canzone “Te voglio bene assaje”, oppure il 1880 con la canzone “Funiculì funiculà”. La canzone napoletana comprende parecchi generi: la serenata, quella che si suona la sera sotto la finestra dell’innamorata; la mandolinata, come una serenata, ma con forte presenza di mandolini; la tarantella, nata da un ballo del Seicento; la tammurriata, caratterizzata dal ritmo incalzante del tamburello o tammorra.
A seconda dell’argomento trattato, ci sono barcarole (canzoni ispirate al mare), canzoni di giacca (canzoni che parlano della malavita, avventure di ‘guappi’, appunto, vestiti con giacca attillata e fazzoletto al collo), canzoni dei carcerati, canzoni di guerra, canzoni dei mestieri (“A tabaccara”, “A lattara”, “A levatrice”, “O pizzaiuolo”, “L’ostricaro ’e Napule” ecc.). Ci sono poi le canzoni d’occasione, quelle scritte per celebrare un avvenimento particolare o, per esempio, per indurre il pubblico all’utilizzo della prima funicolare del Vesuvio.
Infine, due parole sulla sceneggiata. Dopo la Prima Guerra Mondiale gli spettacoli musicali, per andare in scena, dovevano pagare una tassa molto forte; questo, per favorire la diffusione del teatro di prosa. Ma, come si dice, ‘fatta la legge, trovato l’inganno’. Gli ingegnosi artisti napoletani scrissero allora scene sulle canzoni, veri pezzi teatrali che ruotavano intorno al testo delle canzoni. Da questo momento lo spettacolo a teatro non fu più solo quello musicale, ma divenne un varietà con recitazione, ballo e musica. E quindi… niente tassa! La sceneggiata ha avuto grande fortuna in Italia e in America. La sua caratteristica principale è quella di enfatizzare i sentimenti con una recitazione e una gestualità estremamente vistose.
Tornando a Napulita’, le canzoni contenute nel disco appartengono all’epoca d’oro della canzone napoletana, quella della cosiddetta ‘canzone nobile d’autore’, tra Ottocento e inizio Novecento, in cui grandi poeti e scrittori locali – Salvatore Di Giacomo, Libero Bovio, Rocco Galdieri ecc. – scrivevano versi di grande contenuto poetico. Musicate da raffinati autori, alcune di esse hanno raggiunto un tale valore da essere conosciute in ogni angolo del mondo.
La scaletta del CD riassume un po’ tutti i diversi generi musicali della canzone napoletana, toccando molteplici temi che sono l’essenza del popolo di Napoli e dell’intera area geografica vesuviana. Il primo tra questi, forse il più importante, è quello dell’amore. Un amore spesso disatteso, tradito, espresso con struggente dolcezza e malinconia (“Era de maggio”, “Rundinella”, “Core ’ngrato”, “Reginella”, “Io te voglio bene assaje”). Ma accanto all’amore emerge anche tutto lo spirito ironico e scherzoso dei napoletani, sia nei doppi sensi del dire e non dire, come in “Furturella”, sia quando affronta le realtà sociali dell’epoca, come in “Tammurriata Nera”. Nella sceneggiata “Guapparia” troviamo la figura del guappo napoletano, l’uomo d’onore ritrovatosi impotente davanti a un amore non corrisposto, il quale canta per tutta la notte il suo dolore sotto la finestra dell’amata.
Un’altra forma di amore come quello per la propria terra – l’incantevole golfo di Napoli – è da sempre stato un tema ricorrente della canzone. “Funiculì Funiculà” è l’abile ‘campagna pubblicitaria’ di allora messa in forma di canzone, che con la tipica scaltrezza napoletana invita la popolazione a fare uso della prima funicolare sul Vesuvio, inaugurata nel 1879. E per convincere un ministro dello Stato ad autorizzare l’edificazione di un ufficio postale nella splendida Sorrento, viene scritta una canzone che paragona la bellezza del luogo a quella di una fanciulla innamorata (del ministro), che attende il suo ritorno, appunto “Torna a Surriento”. Infine, la bellezza del sole di Napoli ha dato vita alla canzone forse più famosa al mondo, “’O sole mio”, conosciuta e cantata ad ogni latitudine.
Canzoni, temi, armonie, che nella loro struggente bellezza trovano nella chitarra di Walter Lupi un’adeguata eccellenza interpretativa. Tutti i particolari compositivi, le splendide armonie, le melodie dolci, sinuose, sbarazzine, i ritmi brillanti o cullanti, tutti questi elementi sono illuminati, reinventati, sottolineati, comunque sempre magistralmente eseguiti da quella piccola orchestra che la chitarra di Walter Lupi sa diventare sotto le sue sapienti mani. Suono, rigore, grande tecnica, anima e passione al servizio di una voce espressiva, lieve, malinconica, accorata e allegra, quella di Akiko Kozato.
Due importanti opere culturali che una chitarra e una voce eccellenti hanno trasformato in altrettanti gioielli.
Gabriele Longo