(di Andrea Petretto) – A seguito delle note e dei commenti ricevuti in merito all’argomento SIAE, è sorta spontanea e immediata la necessità di descrivere una realtà alternativa e non molto conosciuta qual è quella della Creative Commons. La Creative Commons è un’organizzazione non profit fondata nel 2001 negli Stati Uniti, che promuove la condivisione e il riutilizzo della creatività e della conoscenza attraverso la predisposizione di apposite licenze presentate, per la prima volta, nel 2002 a San Francisco e recepite successivamente anche in Italia.
Queste licenze – Creative Commons Public Licenses da cui l’acronimo corretto CCPL – sono delle concessioni da parte di un autore inerenti il proprio diritto su una o più opere dello stesso, sulla base del principio di riservatezza di alcuni aspetti della medesima opera. Caratteristica primaria di queste ‘licenze’, o ‘permessi’ che dir si voglia, è dunque la loro flessibilità che, partendo dal basilare presupposto della condivisione, permette di vincolare un particolare aspetto del diritto d’autore piuttosto che un altro, con conseguente diversità del tipo di licenza che l’autore stesso vorrà scegliere e adottare.
Infatti, scopo di queste licenze è di dare la possibilità all’autore di un’opera di segnalare in maniera chiara – appunto attraverso la condivisione – che la riproduzione, diffusione e circolazione della propria opera è esplicitamente permessa. In tal modo chi vorrà utilizzare l’opera altrui dovrà, come primo passo, riconoscere e attribuire la paternità dell’opera nei modi indicati dall’autore stesso, in modo tale da non far insorgere dubbi su chi sia il reale ed effettivo autore della stessa.
Questa possibilità trova le sue radici nella libertà contrattuale sancita dal nostro sistema normativo – la legge italiana, come in generale le corrispondenti normative nazionali e internazionali, riconosce al creatore di un’opera di ingegno quella serie di diritti di cui potrà disporre come meglio crede (vedi ad esempio gli articoli di questa rubrica Diritto d’autore – 2: Il diritto morale e Diritto d’autore – 3: Il diritto patrimoniale) – in base al quale il titolare dei diritti può concedere o meno alcuni diritti alla controparte o a qualsiasi fruitore dell’opera stessa, introducendo il nuovo concetto di “Alcuni diritti riservati” (Some Rights Reserved).
Entrando un po’ più nello specifico delle licenze Creative Commons, chi concede l’utilizzo di determinati diritti inerenti la propria opera (l’autore) viene definito licenziante, mentre chi ne usufruirà – a certe condizioni – viene definito come licenziatario.
Al momento, l’organizzazione Creative Commons (CC) ha pubblicato diversi tipi di licenze (per ora sono sei) permettendo ai creatori di scegliere e comunicare quali diritti riservarsi e quali rinunciare a beneficio dei destinatari.
Come inizialmente detto, particolarità di queste licenze è la flessibilità, potendosi difatti vincolare non la propria opera nella sua interezza, bensì alcuni diritti della stessa a determinate condizioni: così, per esempio, è possibile subordinare la riproduzione dell’opera al vincolo dell’immodificabilità della medesima, oppure alla mancanza di una finalità prevalentemente commerciale, o ancora, qualora sia ammessa la modificabilità dell’opera, subordinare la ridistribuzione alle stesse condizioni dell’opera originaria.
Ancor più nello specifico e di rilevante importanza è la richiesta da parte del licenziatario di ottenere preliminarmente l’espresso permesso del licenziante di poter usufruire di quella parte di diritto dell’opera, mantenendo nel contempo l’indicazione di diritto d’autore intatta su tutte le copie e di non alterare i termini della licenza, lasciando così la possibilità ad altri licenziatari di esercitare uno qualsiasi degli usi consentiti dalla legge.
Pertanto, non essendo precluso all’autore che ne abbia volontà di proteggere ed esercitare direttamente i propri diritti sulle proprie opere (vedi Diritto d’Autore – 5-6: La SIAE), quanto sin qui esposto si pone chiaramente come alternativa al ‘modello’ tradizionale secondo cui “Tutti i diritti [di un’opera sono] riservati”: con questo ‘modello’, invece, senza la necessità di particolari formalità di registrazione o di certificazione di alcun ente, chi vorrà potrà riservare solo alcuni diritti, purché ciò venga segnalato e concordato esplicitamente tra le parti.
Andrea Petretto
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Chitarra Acustica, n. 12/2014