A chi frequenta Sarzana da un po’ di anni sarà capitato di vedere qualche capannello di gente attorno ad un personaggio simpaticissimo con i baffi intento a disquisire con la stessa competenza di legni e di vino. Bene. Questa persona è il dr Giovanni Bailo, di professione uno dei migliori enologi italiani, ma anche uno dei più creativi chitarristi italiani, tanto sconosciuto quanto prolifico: ha all’attivo vari CD e metodi tutti su progetti originalissimi (vedi la raccolta di brani Partial Capos dove ha utilizzato tutti i tipi di capotasto) o le trascrizioni per chitarra di brani di Ludovico Einaudi). Da alcuni anni la sua attenzione si è spostata sulle lap steel guitars e fin qui ha prodotto 3 album (uno distribuito da Carisch Lap steel guitar collection: book con CD allegato) e l’ultimo della serie è questo Not so Fast – a Weissenborn project. Il titolo è un manifesto programmatico dell’attuale Bailo pensiero, lui che ha iniziato a scrivere in tapping quando i nuovi guitar hero acustici italiani portavano ancora le braghette corte (ascoltare il primo disco The Silver Lining). Conosco Giovanni da circa 15 anni e l’ho sempre ammirato per la sua capacità di esplorare e trovare cose nuove sulla chitarra tanto da trasmettermi la passione per la lap steel guitar e devo dire che ha trovato una via italiana a questo strumento. Da grande enologo qual è sa che la musica è come il vino: un blend di melodia (i vitigni aromatici) e di armonia (i vitigni che danno struttura e corpo ad un vino) non disdegnando un pizzico di sperimentazione. Queste sono le componenti di tutti i lavori di Bailo. E in questo CD c’è tutto questo filtrato dal suono di una lap steel. Per chi volesse ascoltare arrangiamenti tanto belli quanto originali di C’era una volta l’West, Summertime o la minimalista Gnossienne n.1 di Erik Satie suonate in accordature impensabili o volesse abbandonarsi alle note scivolate dell’originale Aquamarine suonato in due versioni diverse, o volesse capire come suonare Nuages di Django Reinhardt in slide questo è il disco adatto. Non manca la sperimentazione: nell’ultima traccia Bailo fa il verso ai Pink Floyd di Ummagumma e a tutti i chitarristi elettrici fumati degli anni ’70: qui la lap steel è utilizzata come generatore di suoni e rumori in un brano a-tonale. Vi chiederete a cosa serva un brano del genere; mi sono dato una risposta: è un ottimo intro al primo brano, perché finito di ascoltarlo lo farete ripartire una seconda volta e poi una terza. 16 brani da ascoltare attentamente tra originali e arrangiamenti mai scontati o banali. Nell’era del click e dei like spesso poco sinceri in rete a favore di tanti picchiatori o presunti musicisti finalmente uno che sa dove mettere le dita o meglio la barra…. E not so fast.
Gabriele Posenato