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San Teodoro

La noia: questa (s)conosciuta!

(Giuseppe Tropeano) –

Eh già… è bastato “poco” per passare da: “non ho tempo di fare nulla perché una giornata ha solo 24 ore” a “una giornata non passa mai!”. Il nostro tran tran è stato stravolto in men che non si dica. Concerti saltati (si spera solo rinviati), fiere, workshop e qualsiasi altra cosa avevamo in programma, svaniti nel nulla.

Oltre alle date in sé stesse, c’è tutto un insieme di cose collegate. Quando devo andare a suonare da qualche parte, oltre a ‘studiare’ più del normale, ci sono alcuni riti che mi piace seguire: la pulizia della chitarra, il cambio delle corde, la sistemazione dei suoni e della pedaliera, la verifica dei cavi e di tutto il necessario. Sono dei piccoli gesti che mi permettono di non avere preoccupazioni, quantomeno sotto il punto di vista tecnico, una volta arrivato sul palco.

Adesso che tutto si è fermato, questi riti vengono meno e, a volte, viene meno anche la voglia di studiare in casa, proprio perché non avendo degli obiettivi nell’immediato, si rischia di farsi fregare dalla pigrizia e appassionarsi ad una disciplina non ancora riconosciuta dal comitato olimpico (ma presto lo sarà, ve lo prometto): il divaning.

So che affermando questo molti storceranno il naso dicendo che la motivazione a suonare non manca o non deve mancare mai, che la musica è l’unica compagna di vita, ecc… Lo so bene! Io, personalmente, ho bisogno di pormi sempre degli obiettivi, affinché la voglia di suonare non venga meno. E, a volte, questi obiettivi devo proprio inventarmeli spremendomi le meningi più del dovuto. Vi garantisco che è una fatica non da poco.

Il mio modo di approcciare questo momento storico è semplice: non programmo nulla, faccio quello che ho voglia di fare, momento per momento. Ho voglia di suonare? Suono! Ho voglia di ascoltare qualche disco? Ascolto qualche disco! Ho voglia di esprimere tutto il mio talento nella disciplina non ancora olimpica di cui sopra? Mi spalmo sul divano e chi s’è visto, s’è visto! E poi, per la prima volta, sto sperimentando la questione delle lezioni tramite video chiamata, quindi alcune ore della giornata sono occupate anche dalla didattica: prima il dovere e poi il piacere!

E’ strana questa cosa del dover stare a casa forzatamente. Normalmente non si vede l’ora di tornare e adesso invece non si vede l’ora di andar via. Non siamo mai contenti! Sto facendo dei lavoretti in casa che dovevo fare da anni. Insieme alla mia compagna stiamo cucinando l’impossibile e per dirla come la dice lei: “questa non è una quarantena ma una quarantina, intesa come i chili che avremo in più quando tutto sarà finito”. C’è anche il tempo per riflettere su cose che normalmente si danno per scontate: un abbraccio o un bacio, una carezza, un pizzicotto… Ogni gesto diventa più ‘gustoso’ perché adesso oltre a farlo (o riceverlo) per abitudine, possiamo pensarci su e assaporarne il valore.

E’, per certi aspetti, anche utile il dover stare a casa: per esempio ho iniziato a realizzare un progetto in studio, che non so se vedrà mai la luce, ma intanto ne approfitto per avercelo pronto nel caso andasse in porto. Dopo diversi anni ho ripreso in mano gli studi e i brani di chitarra classica. Adesso non avevo più scuse per rimandare l’una o l’altra cosa e quindi le ho fatte entrambe. E quindi scale e arpeggi, Mauro Giuliani, Mario Castelnuovo-Tedesco, Francisco Tarrega. Ma anche Jerry Reed, Merle Travis, Scott Joplin e chiunque altro mi venga in mente (ogni tanto anche qualche mio brano). Ovviamente cerco di non fare le cose a caso: non è che mentre suono un brano di Giuliani, impazzisco e parto con Scott Joplin (anche se qualche volta è successo). Cerco di dare una logica allo studio affinché sia proficuo e non solo un passatempo, perché non lo è affatto. Anzi è una cosa molto seria. molto seria. Serissima!!! Per esempio usare le scale e gli arpeggi (utili anche nel fingerstyle) per scaldarsi le mani, è una cosa saggia. Senza forzare con la velocità ma pian piano, giorno dopo giorno, cercare di conquistare le vette, espresse in BPM, dei nostri metronomi. Poi si passa ai brani. Rimetterli sotto metronomo ogni tanto, non fa per niente male; magari riaprendo gli spartiti per verificare se la nostra memoria è fedele a quello che l’autore aveva scritto. Se ne può approfittare per curare alcuni passaggi poco chiari o particolarmente articolati, ripetendo e ripetendo… e ripetendo ancora.

Questo è un periodo storico durante il quale ognuno di noi può approfittarne per migliorarsi non solo dal punto di vista musicale, ma anche, e soprattutto, da quello umano; aspetti del tutto collegati tra loro. Non è il momento di farsi prendere dallo sconforto. Ingegniamoci e facciamo qualcosa di utile per noi, che faccia bene al corpo e anche all’anima. Suoniamo, parliamo, telefoniamo, pensiamo, leggiamo… Facciamo qualsiasi cosa ci passa per la testa: un modo come un altro per sentirci liberi anche nella costrizione!

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