Le idee sono come le nuvole, ‘vanno, vengono, ritornano’…
Si scrive musica con l’ambizione di stupirle, di accompagnarle nel loro cammino per poi lasciarle al loro destino. Le idee sono nuvole, svaniscono al primo soffio e si fa fatica a tenerle insieme. Scrivere è terapeutico, ti aiuta talune volte a dimenticare, altre a ricordare. In realtà le idee volano nella tua testa e ti accompagnano ogni giorno, in modo che tu ti possa svegliare la mattina pensando: «Ecco cosa farò».
Quando sei ragazzo pensi che tutto sia realizzabile, ogni pensiero è un’occasione, un’opportunità. Poi cresci e perdi entusiasmo, abbandoni il piacere delle tue idee e così anche dei tuoi sogni, sei disilluso e sconfortato. Nessuna idea sembra più una buona idea, allora ti sforzi e selezioni, cerchi tra i tuoi ricordi per trovare uno spunto, una vecchia idea da copiare. Ma non funziona, la genuinità dell’intuizione rivela la povertà della furbizia.
Sento tanta musica povera di idee, e vedo tante idee in cerca della loro musica. Ma il mantra si è spento e faccio sempre più fatica a gridare: «Wow!» Nuvole si avvicinano e si stringono a me per ripararsi dal vento, le accarezzo, le proteggo, ma nessuna di queste ha un cuore che pulsa: il loro profumo ricorda il sapore del niente. È così quando scrivo musica: i passi sono più lenti e indecisi, e quasi non vorrei che fossero note, piuttosto parole colorate da lasciare ai bambini per farli giocare, quando guardano il cielo sospesi nel vuoto… con la testa fra le nuvole.
Dopo quarant’anni mi confronto con difficoltà con il mercato, con la produzione continua e costante di chitarristi prolifici, produttori di discografie sterminate che raccontano poco di niente. E quando è imminente l’uscita di un mio nuovo CD, critico me stesso al pari degli altri e mi domando: «Perché? Chi ne ha bisogno?» Però la musica per un musicista è un proprio bisogno, non solo la necessità di comunicare e raccontare. È un viaggio infinito tra un infinito di pensieri e ci vuole coraggio anche a sbagliare.
Reno Brandoni