Durante l’evoluzione del banjo che abbiamo descritto e che seguiva le mode musicali dell’epoca, lo strumento mantenne contemporaneamente il suo impiego rurale come strumento prevalentemente di accompagnamento. Il Classic Banjo, il jazz, il tango, generi della borghesia delle grandi città, si sovrapposero al banjo tradizionale che continuava ad essere suonato nelle campagne, denominato Old Banjo e che restò all’oscuro dei grandi riflettori. Il processo che portò all’emersione del banjo, rigorosamente a 5 corde, fu anch’esso determinato dagli eventi storici. Originariamente strumento diffuso negli stati del Sud, il nostro strumento, come abbiamo già detto, fu conosciuto dagli Yankees in occasione della Guerra di Secessione: i giovani mandati al fronte ritornarono a casa alla fine della guerra con questo nuovo strumento sotto il braccio, che da allora entrò a far parte integrante di tutte le piccole formazioni di musica folklorica, affiancando il fiddle e successivamente anche la chitarra e il mandolino. La musica country agli esordi della sua inurbazione e commercializzazione, denominata inizialmente hillbilly (da hill, ‘collina’, e billy-goat, specie di ‘capre’), fu un fenomeno di fusione tra le varie anime folkloriche presenti sul territorio americano: la cosiddetta Western music presente nelle regioni occidentali era influenzata soprattutto dalla musica irlandese e scozzese, mentre nel Sud si era maggiormente diffuso il blues. Tra il 1920 e il 1940 emersero una serie di musicisti e gruppi come la Carter Family e i fratelli Monroe che, anche grazie alla diffusione del grammofono, alle tecniche superiori di incisione e riproduzione dell’industria discografica e alle prime trasmissioni radiofoniche, ebbero grande seguito.
L’old style è ben descritto da Pete Seeger nel suo famoso manuale manoscritto How to Play the 5-string Banjo, la cui prima edizione è del 1948. Questo impagabile manuale, che ebbe svariate edizioni ed è ancora oggi reperibile, è uno spaccato dell’America rurale e delle sue tradizioni. Ci sono, oltre agli elementi di tecnica e di storia del banjo, foto d’epoca di banjoisti che suonano davanti alla loro fattoria o seduti sulla sedia a dondolo sul patio della loro casa in campagna, foto delle piccole formazioni familiari in cui ciascun componente della famiglia suona uno strumento diverso, chi il violino, chi il dulcimer. Il testo di Seeger parte dagli stili più tradizionali del banjo e si spinge fino al cosiddetto bluegrass banjo, stile allora appena nato. Sarà proprio questo stile a diventare famoso presso il grande pubblico a partire dagli anni ’40 in poi.
La cosiddetta musica country prevedeva, per l’appunto, fino agli anni ’40 uno stile di banjo chiamato clawhammer, che era in pratica una evoluzione dello stile utilizzato sin dal secolo precedente da Joel Sweeney: claw hammer significa in inglese, tecnicamente, ‘martello da carpentiere’, quello, per intendersi, che ha da un lato l’apertura a coda di rondine per estrarre i chiodi. La forma che la mano destra assume, con il pollice che pizzica la quinta corda e le altre dita unite che colpiscono verso il basso le altre corde mentre il polso tocca quasi le corde, ricorda appunto quella di un martello da carpentiere; da qui la definizione di clawhammer style.
Il gruppo di musica country più famoso negli anni ’40 erano i Bluegrass Boys di Bill Monroe, mandolinista di spicco nell’ambito della musica country old style, nel quale militava uno specialista dello stile clawhammer, Dave Akeman (1916-1973) soprannominato ‘Stringbean’. Monroe non era però molto soddisfatto delle sonorità del gruppo ed era alla ricerca di un nuovo sound, che lo portò a sostituire parecchi componenti.
Nel 1945 incontrò per caso il giovane Earl Scruggs, che aveva sviluppato una tecnica innovativa sul banjo, probabilmente frutto di un’evoluzione di quella tecnica fingerstyle già in passato adottata dal Classic Banjo e caratterizzata da veloci arpeggi che, per il loro effetto ‘rotolante’, vennero chiamati rolls. Con questa tecnica Scruggs diede alla musica bluegrass una nuova freschezza e un nuovo impulso, che furono determinanti per il suo successo: il bluegrass divenne un genere noto e popolare in tutto il mondo e venne praticamente identificato con il banjo suonato nello stile di Scruggs.
Vi furono, comunque, anche altri banjoisti che si conquistarono il loro spazio sviluppando uno stile personale. Uno fu Don Reno, che sviluppò uno stile che si allontanava dai tipici rolls legati alla forma accordo. Reno, che originariamente suonava in uno stile molto simile a quello di Scruggs, era in realtà stato il primo a essere contattato da Monroe per entrare a far parte dei Bluegrass Boys ma non poté accettare l’offerta dovendo andare sotto le armi. Al suo ritorno, Earl Scruggs aveva ormai conquistato il ruolo di banjoista di spicco e Reno decise di sviluppare uno stile che lo differenziasse da lui. Nacque così il single string style, che consisteva nel suonare la linea melodica su una stessa corda pizzicata in maniera alternata con pollice e indice; questa tecnica consente di slegarsi dagli arpeggi e di suonare linee melodiche anche molto articolate nota per nota. Purtroppo, però, in questa maniera si viene a perdere il tipico effetto ‘rotolante’ degli arpeggi, cosicché questo stile può essere usato per singoli passaggi ma deve comunque essere integrato dai rolls.
Il merito di fondere le due tecniche fu di un giovane banjoista bostoniano, Bill Keith, che nei primissimi anni ’60 sviluppò il cosiddetto melodic style, che manteneva la tecnica di arpeggio tipica dello stile di Scruggs ma, sfruttando il fatto che nel banjo – così come nella chitarra – ciascuna nota può essere suonata in diversi punti della tastiera, si slegò dalle posizioni di accordo e cominciò ad adottare delle posizioni della mano sinistra che consentivano di suonare la melodia nota per nota mantenendo il fluire del roll della mano destra. Tipico di questo stile è lasciare risuonare le corde a vuoto (il cosiddetto let ring che si incontra in alcuni spartiti), il che dà al suono una rotondità e una pienezza sconosciuta agli altri stili. I primi brani che Bill Keith portò all’attenzione del pubblico nel 1961, “Devil’s Dream” e “Sailor’s Hornpipe” (il famoso tema di Popeye), suscitarono il plauso ma anche l’inevitabile polemica da parte dei tradizionalisti. Si respira effettivamente in questi brani una atmosfera meno country e quasi da musica irlandese, ma il tempo diede ragione a Keith e lo stile entrò a far parte stabilmente del genere.
Oggi il banjo bluegrass continua ad avere un cospicuo numero di seguaci e amatori, e i virtuosi dello strumento sono parecchi. Alcuni, come Béla Fleck hanno travolto ogni barriera e suonano con il banjo a 5 corde ogni tipo di musica, da Bach al jazz.
Domenico Lobuono