Route 61 Music
Sembra strano, ma se vogliamo sentire della bella musica West Coast, con tanto di cori stile Crosby, Stills, Nash & Young, non dobbiamo fare molta strada: basta che imbocchiamo la A1 fino a Roma capitale e incrociamo una gran bella persona: Francesco Lucarelli. Il disco di cui vogliamo parlare non è proprio di recente uscita, ma vale sicuramente una recensione piena di entusiasmo. Francesco comincia ad aggirarsi fra i meandri della musica che da sempre ci piace fin dagli anni ’70, quando stampa diversi interessantissimi numeri di Wooden Nickel, fanzine dedicata ai nostri amati quattro moschettieri. Ricordo di esserne stato un fanatico supporter, non aspettando altro che l’arrivo di questo giornaletto, che raccontava notizie e curiosità che neanche Ciao 2001 avrebbe mai riportato… Quindi la passione ha radici ben piantate, e tutto si sente in questo fresco, sofisticato, armonioso Find the Light, che fra l’altro vede un certo Graham Nash ai cori! Francesco, come hai fatto? Evidentemente il grande Willy si è ben volentieri concesso ad armonizzare con la sua tipica voce che scala le Montagne Rocciose. La canzone così fortunata e preziosa è “Mr. Sunshine”, una ballad da brividi, dove verso la fine appare anche l’armonica del nostro caro inglese emigrato in California. Man mano che le canzoni scorrono, ti accorgi sempre più che gli stilemi sono quelli che ti hanno accompagnato per anni, se non decenni, e che temevi di aver perduto per sempre dopo l’avvento del punk e dell’elettronica, che in effetti aveva stravolto l’equilibrio musicale dei nostri stessi eroi, che dalla metà degli anni ’80 avevano cominciato a fare delle vere schifezze. No, qui c’è molto Jackson Browne, molti Eagles, ci sono Rickenbacker 12 corde (e chi ha orecchie da intendere intenda), molte chitarre acustiche che duettano ora con slide, ora con dobro o steel guitar per tessere melodie intense, dolci, che si depositano nelle parti più belle della mente e rimangono per molto tempo a rasserenarti lo spirito. Molto bella “Fat City”, che inizia con una chitarra tributo a “Take it Easy” e procede come se uscisse da Late for the Sky del Jackson Browne che non invecchia mai. Emozionante “After the Twilight”, più intensa, con un piano e una steel da brivido. E di brividi siamo spesso percorsi durante l’ascolto di questo disco. Il finale è una reprise del titolo iniziale, come spesso si faceva, dove la tessitura melodica viene stravolta, supportata da un arrangiamento più intimista; ottima conclusione, che ci fa solo sperare in una nuova puntata di questo splendido viaggio nel tempo, dove non c’è spazio per le stucchevoli nostalgie, ma solo per la buona musica fatta con il cuore. Se continui così, Francesco, dovremo fare una fanzine su di te!
Alberto Grollo